Basta

Basta lamentarci. Se ci ritroviamo un mondo che non ci piace la colpa è anche nostra nella misura in cui non ci prendiamo le nostre responsabilità, e lasciamo agli altri il compito di farlo. (Enzo, Vibo Valentia)

Basta

Enzo e la sua compagna ci raccontano la loro Vibo Valentia, ci appaiono tenaci. Ma tra un racconto e un desiderio, tra un sogno e un aneddoto la tentazione del lamento è sempre in agguato. “La colpa è di chi ci governa, di chi ci mette i bastoni tra le ruote” arriva quasi sussurrato. Enzo il giorno successivo ci accompagna verso la nuova ospitalità. E, quasi all’arrivo, nel rumore del traffico, ci guarda negli occhi e ci dice “Basta!” Cioè? “Basta è  la mia parola per cambiare il mondo!”

Certo, la lamentela, che appare così a buon mercato, in realtà è costosissima. Ci toglie energie, ci svuota e ci giustifica. Ci allontana dal compiere reali sforzi verso il cambiamento. Il lamento rischia di farci morire insieme a ciò che fa star male il nostro cuore. È un mondo visto con le lenti abbrunate. Un quotidiano vissuto muovendoci a tentoni nella nebbia.  Il lamento nasce dalla sfiducia nelle nostre capacità, dalla convinzione di non essere in grado di affrontare le situazioni.

Se provassimo a prenderci le nostre responsabilità? Se provassimo a essere la risposta ai dubbi? Se cercassimo le soluzioni ai problemi facendo rete con coloro che condividono i nostri passi?

Perché, come sosteneva il filosofo britannico John Stuart Mill: «Gli uomini malvagi non hanno bisogno che di una cosa per raggiungere i loro scopi, cioè che gli uomini buoni guardino e non facciano nulla».

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