La comunicazione deve costruire ponti

Il messaggio di Papa Francesco per la 50ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 

Parole chiave: papa. francesco (1), comunicazioni sociali (4)
La comunicazione deve costruire ponti

Papa Francesco non solo cita il «padre» Dante Alighieri (1265-1321) e la sua «Divina Commedia» (1304-1321); non solo recita a memoria in piemontese «Rassa nostran-a» (1924), la poesia più famosa del subalpino Nino Costa (1886-1945); ma conosce anche William Shakespeare (1564-1616). Il grande drammaturgo inglese ne «Il Mercante di Venezia» (1596-1598) afferma: «La misericordia non è un obbligo. Scende dal cielo come il refrigerio della pioggia sulla terra. È una doppia benedizione: benedice chi la dà e chi la riceve» (atto IV, scena I). Frase che Bergoglio riporta nel messaggio per la 50ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che si celebra domenica 8 maggio sul tema «Comunicazione e misericordia: un incontro fecondo».

«La comunicazione deve costruire ponti, sanare le ferite, toccare il cuore delle persone. Ciò che diciamo e come lo diciamo, ogni parola e ogni gesto dovrebbe poter esprimere la compassione, la tenerezza e il perdono di Dio per tutti». Nell’Anno Santo della misericordia Francesco ricorda che «l’amore è comunicazione e siamo chiamati a comunicare da figli di Dio con tutti, senza esclusione». Ed è compito della Chiesa«trasmettere la misericordia di Dio e toccare i cuori delle persone».

La comunicazione «ha il potere di creare ponti, di favorire l’incontro e l’inclusione   per superare le incomprensioni, guarire la memoria ferita e costruire pace e armonia». Le parole «possono gettare ponti, anche nell’ambiente digitale». Di qui l’invito a  usare le parole per «uscire dai circoli viziosi delle condanne e delle vendette, che continuano a intrappolare individui e nazioni».

Il cristiano, a imitazione del Maestro, «si propone di far crescere la comunione. Anche quando deve condannare con fermezza il male, cerca di non spezzare mai la relazione». Francesco osserva: «Tutti sappiamo in che modo vecchie ferite e risentimenti trascinati possono intrappolare le persone e impedire loro di comunicare e di riconciliarsi. Ma la misericordia è capace di attivare un nuovo modo di parlare». Anche il linguaggio della politica e della diplomazia «si lasci ispirare dalla misericordia»: i politici «siano sempre vigilanti sul loro modo di esprimersi» perché è facile «cedere alla tentazione di alimentare le fiamme della sfiducia, della paura, dell’odio». Invece devono avere il coraggio di «orientare le persone verso processi di riconciliazione. Come vorrei che il nostro modo di comunicare, e anche il nostro servizio di pastori nella Chiesa, non esprimessero mai l’orgoglio superbo del trionfo su un nemico, né umiliassero coloro che la mentalità del mondo considera perdenti e da scartare».

Papa Giovanni XXIII sosteneva la netta distinzione tra l’«errore» e l’«errante». Anche per papa Francesco lo stile della comunicazione deve superare «la logica che separa i peccatori dai giusti. Possiamo e dobbiamo giudicare situazioni di peccato ma non possiamo giudicare le persone, perché solo Dio può leggere in profondità. Si deve ammonire chi sbaglia e denunciare la cattiveria e l’ingiustizia di certi comportamenti» ma sempre ricordando che la verità va affermata con amore: «Parole e gesti duri o moralistici corrono il rischio di alienare coloro che vorremmo condurre alla conversione».

Bergoglio mette l’accento sulle relazioni nella famiglia: «I genitori ci hanno amato e apprezzato per quello che siamo più che per le nostre capacità e i nostri successi». Incoraggia a pensare alla società come a «una casa o una famiglia dove la porta è sempre aperta e si cerca di accogliersi a vicenda. Comunicare significa condividere, e la condivisione richiede ascolto e  accoglienza».

Il messaggio si sofferma sulla comunicazione digitale: «Anche e-mail, sms, reti sociali, chat possono essere forme di comunicazione pienamente umane. Non è la tecnologia che determina se la comunicazione è autentica o meno, ma il cuore dell’uomo». E anche in Rete «si costruisce una vera cittadinanza. L’ambiente digitale  è una piazza, un luogo di incontro, dove si può accarezzare o ferire, avere una discussione proficua o un linciaggio morale. La Rete deve essere ben utilizzata e aperta alla condivisione. La comunicazione è un dono di Dio e anche una grande responsabilità». 

Quella delle comunicazioni sociali è l’unica «Giornata» a essere stata suggerita dal Concilio Vaticano II. Oltre cinquant’anni fa, il 4 dicembre 1963, Paolo VI e i padri conciliari approvarono e firmarono la costituzione sulla liturgia «Sacrosanctum Concilium» e il decreto sui mezzi di comunicazione sociale «Inter mirifica, tra le meravigliose invenzioni», decreto che afferma: «Al fine poi di rendere più efficace il multiforme apostolato della Chiesa con l'impiego degli strumenti di comunicazione sociale, ogni anno in tutte le diocesi del mondo, a giudizio dei vescovi, venga celebrata una “giornata” nella quale i fedeli siano istruiti sui loro doveri in questo settore, invitati a speciali preghiere per questo scopo e a contribuirvi con le loro offerte». La prima giornata fu celebrata il 7 maggio 1976 e il messaggio di Paolo VI aveva per argomento «I mezzi di comunicazione sociale».

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