Nosiglia nella festa di Don Bosco: "impariamo ad ascoltare i giovani!"

L'Arcivescovo nella Messa per la festa di san Giovanni Bosco ha esortato gli educatori a mettersi in ascolto di tutti i giovani, specialmente i ragazzi "più difficili" e invisibili, nei diversi ambienti della loro vita

Parole chiave: 31 gennaio (1), don bosco (26), Nosiglia (114), Arcivescovo (28), Torino (730), salesiani (35)
Nosiglia nella festa di Don Bosco: "impariamo ad ascoltare i giovani!"

Pubblichiamo l’omelia che l’Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia ha pronunciato nella festa di san Giovanni Bosco, il 31 gennaio, nella basilica di Maria Ausiliatrice:

Cari amici, la festa di san Giovanni Bosco di quest’anno 2018 è molto importante, perché ci introduce nel tempo della preparazione prossima al SINODO DEI GIOVANI, in programma per settembre. Di questo Sinodo abbiamo a lungo trattato nell’Assemblea diocesana del maggio-giugno scorso, il frutto della quale è stata la lettera pastorale «Maestro, dove abiti?». DON BOSCO OFFRE agli educatori e ai giovani stessi un metodo concreto per evangelizzare il mondo giovanile, che è ancora valido e attuale oggi.

Esso si basa sull’amore rivolto ad ogni giovane, accolto così come è e vive, senza pregiudizi o preconcetti, che allontanano il cuore e rendono sterile ogni tentativo di approccio e accompagnamento verso il Maestro divino. IL PAPA A TORINO nel 2015 disse, proprio qui in questa basilica di Maria Ausiliatrice, che bisogna evangelizzare i giovani, educare a tempo pieno i giovani, a partire dai più fragili e abbandonati, proponendo uno stile educativo fatto di ragione, religione e amorevolezza, universalmente apprezzato come “sistema preventivo”. Si tratta di quella mitezza e tenerezza tanto forte di Don Bosco, che certamente egli aveva imparato da mamma Margherita.

Il Vangelo ci ha detto che noi adulti dobbiamo farci come bambini, se vogliamo entrare nel Regno dei cieli. Dobbiamo ASCOLTARE DI PIU' E MEGLIO i giovani, non dando loro l’impressione di essere accomodanti solo per attirarne la simpatia e benevolenza. Tali atteggiamenti paternalistici ottengono il contrario di quello che pensiamo e allontanano i giovani, perché non prendono sul serio le loro ragioni e quei tipici atteggiamenti di indipendenza e autonomia che essi sentono e vivono come un loro diritto primario di libertà. Ogni ragazzo va accolto dunque così com’è, ascoltando i suoi appelli e cogliendone le necessità, riconoscendo e accompagnando la sua crescita spirituale e umana, in modo da promuoverne i talenti.

Vi amo perché siete giovani – diceva Don Bosco – e non perché siete bravi, intelligenti, educati, credenti… Per questo, LI CERCAVA NELLE CARCERI, PER LA STRADA, nei luoghi malfamati, dove questi ragazzacci – come li chiamavano – ne combinavano di tutti i colori (furti, bande di violenti…). Anche per noi una particolare ATTENZIONE VA RISERVATA A QUEI RAGAZZI DIFFICILI o “invisibili” a causa della nazionalità e della cultura, della malattia o di particolari condizioni di disabilità o disagio. L’educatore e l’animatore devono assumere la domanda di vita, spesso inespressa o implicita nel cuore di ogni ragazzo, anche quando si manifesta nel desiderio del divertimento, stimolando la sua creatività e intraprendenza. Essi devono avere un'ATTENZIONE PARTICOLARE AL PROBLEMA DELL'AFFETTIVITA', nelle sue incertezze di identità e di dono, con proposte che promuovano l’amicizia tra ragazzo e ragazza nel rispetto di sé e dell’altro e nell’accettazione delle reciproche differenze, esigenze e attese, in vista della piena maturazione di sé nel dono verso l’altro.

L’esperienza dell’amicizia e della vita di gruppo rappresentano una scuola che aiuta a formarsi una MENTALITA' DI ACCOGLIENZA e di solidarietà. Questo fatto è oggi particolarmente importante, se teniamo conto della chiusura individualistica a cui sono spinti i ragazzi dalla RETE e dai NUOVI MEZZI TECNOLOGICI.

Insomma, ci ha ancora ricordato il Papa: dobbiamo educare a vivere e non a vivacchiare, ad andare controcorrente, ad attivare amicizie non autoreferenziali ma aperte a tutti, sincere e schiette, non interessate, disponibili al dono di sé per gli altri… Dobbiamo educare a vivere il vangelo SENZA SCONTI E COMPROMESSI, anche nelle scelte più difficili e radicali (come la castità, il sacrificio, il perdono…).

Il punto decisivo della formazione, dunque, non è solo quello di saper organizzare bene le attività che si fanno con i ragazzi, ma quello di comunicare sinceramente il proprio cuore e amicizia con Gesù, mediante l’ESEMPIO DEL NOSTRO STILE DI VITA. In quanto discepoli, POSSIAMO DARE E RICEVERE AIUTO e sostegno anche dai ragazzi, poiché Dio ci parla e ci stimola attraverso di loro. Lo stare con il Signore, amandolo e cercandolo con sincerità di cuore, rappresenta la radice su cui si innesta ogni buon servizio di animazione e di annuncio, Questa è oggi la frontiera piu’ avanzata del nostro impegno di educatori e animatori dei gruppi giovanili. Su questo compito, il nostro Sinodo dei giovani ha fatto emergere la grandissima DIFFICOLTA' che tanti hanno ad annunciare il Signore e a testimoniarlo nel vissuto dei propri ambienti di vita, di lavoro, di studio e di tempo libero.

All’impegno di diversi giovani animatori dell’oratorio, capi e responsabili di associazioni e movimenti, non corrisponde un’uguale disponibilità per l’azione missionarie nella “città dell’uomo”. La COMUNICAZIONE DELLA FEDE è vissuta come un impegno da sviluppare dentro la comunità e non fuori di essa. E per “comunità” si pensa quasi esclusivamente alla propria parrocchia o associazione o movimento. Tutto ciò che viene proposto al di là delle mura di queste “cittadelle” è considerato superfluo o un’aggiunta faticosa, se non una perdita di tempo. Per cui, già a livello di unità pastorali, è difficile incontrarsi; tanto meno a livello diocesano. La “Chiesa in uscita”, di cui parla con insistenza Papa Francesco, è oggi la principale sfida che coinvolge le nostre parrocchie e ogni realtà ecclesiale – e in particolare proprio la pastorale giovanile.

L’ASSEMBLEA DIOCESANA e la mia LETTERA PASTORALE dello scorso anno hanno stimolato tutti i giovani a gettarsi con coraggio apostolico nel campo della missione, aprendo le porte del proprio cuore e impegno verso i coetanei, sia quelli delle parrocchie vicine, sia quelli che incontrano nelle iniziative diocesane e negli AMBIENTI DELLA LORO VITA, dall’università alla scuola, dal lavoro al tempo libero, al sociale… Non bisogna escludere da questo campo di azione gli AMBIENTI DI FRONTIERA, come i SUPERMERCATI e le varie movide disseminate nel territorio della diocesi, alcuni BAR o luoghi di ritrovo e la stessa strada, dove tanti ragazzi e giovani, come ai tempi di Don Bosco, passano la loro giornata e le serate. Don Bosco ANDAVA A CERCARE I GIOVANI anche più “lontani e invisibili” là dov’erano, perfino nelle carceri, e infondeva nel loro cuore un tale spirito missionario che a loro volta diventavano trascinatori degli amici per l’incontro con Gesù e il Vangelo. È giunto il tempo di fare altrettanto: annunciare il Vangelo della gioia e con gioia è il primo compito di ogni credente e della Chiesa, ci dice Papa Francesco. Occorre che i nostri giovani si chiedano allora con sincerità se veramente sono contenti di essere cristiani e di vivere da amici di Gesù e tra loro. Se sinceramente diranno di sì e avranno il coraggio di testimoniarlo a tutti, allora la loro gioia si raddoppierà e diventerà contagiosa per tutti.

ALCUNE SCELTE CONCRETE missionarie sono inoltre queste:

-favorire nei ragazzi e GIOVANI stessi l’assunzione di quest’impegno, perché siano PROMOTORI DI PROPOSTE ai loro coetanei, invitandoli all’oratorio o all’associazione, in determinate occasioni di incontro e di festa insieme; -promuovere iniziative tra oratori e parrocchie della stessa unità pastorale per incontrarsi, conoscersi, e avviare INIZIATIVE INSIEME SUL TERRITORIO; -partecipare alle iniziative diocesane, che aprono i giovani a un’esperienza di Chiesa piena e necessaria, per viverla poi nel loro QUOTIDIANO impegno; -favorire qualche uscita dei gruppi di ragazzi e giovani per impegni di  SOLIDARIETA' IN FAVORE DEI POVERI, vera via di promozione umana e sociale delle stesse persone dei giovani, oltre che di esperienza della vera gioia del Vangelo che nasce dal dono di sé per gli altri.

Ricordo, a questo proposito, l’appuntamento della prossima estate – dal 9 al 10 agosto a Torino – per l’incontro con tutti i giovani delle diocesi del Piemonte e Valle d’Aosta, che comprenderà anche la CONTEMPLAZIONE RAVVICINATA DELLA SINDONE e successivamente, dall’11 al 12, il pellegrinaggio a Roma per INCONTRARE PAPA FRANCESCO.

C’è infine un passo ulteriore, particolarmente necessario, che va intrapreso da parte delle nostre famiglie e comunità con i giovani: la CURA DELLA PROPOSTA VOCAZIONALE, che orienta la vita sulle vie di Dio e non solo sulle proprie. Don Bosco affermava che un ragazzo su tre ha la vocazione al sacerdozio o alla vita consacrata. Oggi, può sembrare utopistico tutto ciò; eppure è ancora vero, se quando vado nelle scuole di ogni ordine e grado, le domande più insistenti che mi fanno i ragazzi e giovani riguardano la mia vocazione: cosa che mi desta meraviglia, ma che in realtà corrisponde a quel desiderio forte dei giovani di trovare un senso più pieno e meno superficiale e precario alla propria vita.

La nostra PROSSIMA ASSEMBLEA DIOCESANA di giugno tratterà della VOCAZIONE e già, fin da adesso, prego san Giovanni Bosco perché ci aiuti a promuovere un cammino vocazionale sempre più fruttuoso nella nostra diocesi, grazie all’impegno corale delle famiglie e delle comunità, ma soprattutto grazie all’impegno responsabile dei giovani stessi. Amen.

+ Cesare Nosiglia

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