Dossier 70° Resistenza: una vita per la libertà don Mario Caustico e i 65 martiri di Grugliasco

L'eroismo cristiano del salesiano cappellano dei partigiani e l'eccidio nella cittadina alle porte di Torino

Parole chiave: grugliasco (4), 25 aprile (6), martirio (8), resistenza (23)
Dossier 70° Resistenza: una vita per la libertà don Mario Caustico e i 65 martiri di Grugliasco

«Ci schierarono nel campo di segala, sul ciglio della strada. I tedeschi gridavano ed erano quasi tutti ubriachi, dodici avevano armi automati­che, gli altri i fucili. Il comandante stava dietro a don Caustico, primo della fila. Appena schierati, don Mario alzò la mano su di noi per benedirci e in quell'atti­mo il comandante fece partire una scarica contro il sacerdote, se­guito dagli altri che spararono all’impazzata».

Gino Mansani settant’anni fa aveva 34 anni e sentiva la morte vicina. In quell’orribi­le mattina del 30 aprile 1945 sessantasei persone inermi vennero trucidate da un reparto nazista del I Reggimento corazzato dei Cacciato­ri delle Alpi che si scatenarono «come belve» contro la popolazione. Tra le vittime don Mario Caustico, 32 anni, salesiano, cappellano partigiano, seviziato e fucilato.

L'eccidio di Grugliasco (Torino) è una delle vicende più crudeli e tragiche di tuttala Resistenzae tra le più gravi accadute in Piemonte. A Boves nel Cuneese le stragi furono due: il 19 settembre 1943 le SS bruciarono il paese e uccisero 32 cittadini, tra i quali il parroco don Giuseppe Bernardi e il viceparroco don Mario Ghibaudo di 23 anni, per i quali è in corso la causa di beatificazione. Le SS tornarono il 31 dicembre 1943 e massacrarono altre 59 persone. A Cumiana (Torino) le SS italiane, inquadrate sotto il comando dei tedeschi, il 3 aprile 1944 massacrarono 50 civili e un partigiano dopo due giorni di intensi contatti fra i partigiani della Val Sangone e il tenente SS Anton Renninger per giungere a uno scambio di ostaggi.

Mario Francesco Giuseppe Caustico nasce a Ca­priglio (Asti), il 14 settembre 1913 da Giorgio e Giovanna Vigna, una solida famiglia contadina con tre figli. È il paese di Margherita Occhiena (1788-1856), moglie di Giuseppe Bosco e mamma di Giovanni Bosco. Mario frequenta l'ambiente salesiano di Colle don Bosco e la figura del «padre e maestro dei giovani» lo affascina. Entra fra i Salesiani e il 3 luglio 1938 è ordinato sacerdote a Maria Ausiliatrice dal cardinale arcivescovo di Torino Maurilio Fossati. Lavora tra i giovani negli oratori di Avigliana, Torino-Valdoc­co, Cuorgnè, «Oratorio Michele Rua» di Torino-Borgata Monterosa.

Durante la guerra di Liberazione,la Vdivisione del «Corpo volontari della libertà», partigiani operanti nella Valle di Susa, chiede con insistenza un sacer­dote come cappellano. Il superiore don Luigi Ric­ceri – che sarà rettor maggio­re dei Salesiani (1965-1977) - manda a chiamare don Caustico: «Quando devo partire?». «Al più presto, domani stesso, se non hai nulla in contrario».

Il 25 aprile 1945 la 106ª Brigata Giordano V (divi­sione R. Baratta) dei Volontari della libertà riceve l'ordine di marciare su Torino e presidiare l'Aeronautica Fiat ed è informata che la colonna tedesca del I reg­gimento corazzato dei Cacciato­ri delle Alpi marcia su Collegno e Grugliasco e che le popolazioni vivono nel terrore di una rappresa­glia. Don Caustico si offre subito e ot­tiene di andare a trattare con lo­ro. Raggiunge il comando tede­sco a Rivalta ma la situazio­ne precipita. I1 comandante gli straccia le credenziali, lo tiene prigioniero e lo obbliga, con la bandiera bianca in mano, a marciare in testa alla colonna, tra cui ci sono reparti di SS, fino a Grugliasco.

Si tratta di un vile e diabolico tranello, messo in atto dai tedeschi. La cittadina, come tutta Italia, è in festa perla Liberazionedalla dittatura fascista. D'improvvi­so si abbatte, come una mazzata, la furia selvaggia dei nazisti. A sera, la colonna occupa il paese. I tedeschi falciano due giovani vicino alla chiesa. Una donna apre la finestra e da un cannoncino da 25 mm., piazzato a 50 metri di distanza, partono due colpi che la raggiungono in pieno: la donna cade e muore. Un congiunto esce di corsa per cercare un me­dico e una fucilata lo abbatte. I nazisti saccheggiano negozi e abitazioni al grido: «Covo di banditi. Distruggete tutto». Dopo uno scontro a mezzanotte fra tedeschi e partigiani a Regina Margherita c’è un feroce rastrellamento di uomini, giovani e ragazzi, anche di 14-17 anni. La «Casa del popolo» è accerchiata. Dentro una quarantina di giovani male armati: per due ore resistono ai tedeschi, poi cedono. I prigionieri sono ammassati pianterreno, tra essi don Caustico, e per tutta la notte sono sottoposti a violenze e sevizie. Vani i tentativi di don Giacomo Perino, parroco di San Cassiano, e padre Raimondo, superiore dei Maristi, «di ammansire il comandante, una vera belva, assetata di sangue» dicono i superstiti. Racconta una cronaca dell'epoca: «Nella notte padre Raimondo ebbe in piazza un collo­quio con il comandante. Peccato non conoscere il nome di questo prode seguace di Hitler. Sappiamo che qualche giorno dopo si toglierà la vita ad Agliè: non riesce a sopravvivere all'onta della sconfitta mili­tare e politica del suo Paese. Sembrava una belva, era furiosissimo. Voleva passare alla storia quale debella­tore del partigianesimo».

Le ore trascorrono tra violenze e torture. Don Caustico protesta e prende le difese dei prigionieri. Ri­corda il superstite Giovanni Facchin: «Particolarmente contro di lui i tedeschi sfogarono il loro furore». Chiede di essere ricevuto dal comandante ma è pestato a sangue: quando rientra i compagni capisco­no che non c'è più nulla da fare. La loro sorte è segnata. Molti si confessano e ricevono l'assoluzione.

La mattina del 30 aprile i prigionieri vengono fatti uscire dalla Casa del popolo e portati in piazza. Don Caustico è a piedi nudi, la talare insanguina­ta, il volto  tumefatto per i pugni e le violenze. «Ci hanno fatto ri­manere con le mani alzare sul ca­po per parecchie ore - raccon­ta Facchin -. Non potevamo muoverci davanti alle armi spia­nate; sembrava che ci dovessero uccidere da un momento all'al­tro. Poi ci hanno divisi in tre gruppi avviandoci verso tre località diverse fuori del paese». A nessuno è concesso di scrivere una lettera di addio.

I prigionieri sono trascinati ai margini di un campo di segala: legati a catena, con cinghie e fili di ferro, con il viso rivolto alla cam­pagna e le spalle al plotone di esecuzione, ognuno con il suo giustiziere. Vicino alla chiesetta di san Giacomo costringono il prete a scavarsi la fossa, ma don Ma­rio non ce la fa più. Il comandante dà il «puntat­arm». Don Caustico trova la for­za di incitare i compagni al coraggio, al perdono, alla speran­za, alza la mano per un'ultima benedizione. Sono le 10,30 di lunedì 30 aprile 1945: da cinque giorni l'Italia si credeva «liberata». Tre dei 21 condannati del gruppo di don Caustico si salvano: Gino Mansani, Giovanni Facchin e Pasquale De Santi non sono colpiti a morte né dalla prima scarica né dal colpo di grazia.

Mansiani racconterà: «Col­pito di striscio alla testa e a una mano, mi butto a terra fingen­domi morto, sicuro che lo sarò fra qualche istante con l’immanca­bile colpo di grazia. Il coman­dante comincia con don Caustico e prosegue sparando un col­po a ciascuno, uno dopo l'altro. Io me ne stavo immobile tratte­nendo il respiro e pensavo alla mia bambina che non avrei mai più vi­sto. I colpi si avvicina­vano. Con la coda dell'occhio vedo il tedesco che spara al mio compagno di sinistra. Ora tocca a me! Sento lo scatto dell'ottu­ratore che mette il colpo in can­na, poi un colpo tremendo... La bocca mi si riempie di sangue, ma non sono morto. Ancora due colpi accanto a me, poi silenzio. Sento i passi che si allontanano. Alzo la testa e vedo che se ne sono andati tutti». Ferito, si accosta a don Caustico: «Agonizzava, il sangue usciva abbondante da una spaventosa ferita alla gola». Raccoglie le sue ultime parole: «Non preoccuparti per me. È finita! Salvati! Il Signore ti accompagni!».

Giovanni Facchin ricorda: «Mentre tutti erano stati colpiti alla testa dal colpo di grazia, io e altri due compagni siamo stati colpiti alla spalla. Io ho avuto il polmone perforato, il che mi ha co­stretto a un mese d'ospedale, ma i 20 anni che avevo allora e la tanta voglia di vivere mi hanno aiutato a superare la prova».

Tutti i testimoni concordano: «Don Caustico era un vero sacerdote, voleva bene a tutti e si sacrificava per gli altri dimenticando sé stesso». In tre punti diversi di Grugliasco i mitra tedeschi abbattono 66 patrioti: ben 36 sotto i 20 anni. Domenica 4 maggio 1975, 30° anniversario della Liberazione, i Salesiani dedicarono il Centro giovanile di corso Francia 214 a Leu­mann di Rivoli a questo eroico salesiano che il cardinale arcivescovo di Torino Michele Pellegrino ricordò come «uno dei tanti sacerdoti che vollero stare vicino ai partigiani sulle montagne e condividere la loro sorte. Mentre agonizzava trovò la forza di dire al compagno: "Non preoccuparti di me, è finita, sal­vati! Il Signore ti accompagni”. Non vogliamo più le guerre, le stragi come quella di Grugliasco, i forni crematori, i lager, i gulag».

Tutti i diritti riservati

Dossier

archivio notizie

03/05/2017

Bartali, il campione della fede

Il profilo – Scomparso il 5 maggio 2000, il grande ciclista fiorentino è stato un fervente cristiano, beniamino dell’Azione cattolica (servizio del Tg2)

25/10/2016

Anni di Piombo: un lento cammino di riconciliazione

Intervista al padre gesuita Guido Bertagna autore insieme ad Adolfo Ceretti e Claudia Mazzucato del libro dell'incontro. Vittime e responsabili della lotta armata a confronto

17/06/2016

Le battaglie della Prima guerra mondiale «macchine tritacarne»

Settecentomila morti, cento anni fa, a Verdun. I vescovi cattolici europei hanno fatto memoria di questa strage e hanno chiesto perdono per gli errori delle Chiese, come quello di definire la guerra «giusta» e «sacra»

25/05/2016

Commercio delle armi, una vergogna

Analisi: nel tempo della crisi globale, delle guerre e delle tragedie umanitarie