Welfare, quali diritti blindare

In tempi di crisi scatta la solidarietà popolare, ma occorrono strategie

Parole chiave: solidarietà (43), welfare (11), politica (133)
Welfare, quali diritti blindare

Il sistema di welfare nella versione europea ha storicamente avuto a che fare con il problema di garantire i lavoratori rispetto ai rischi connessi alla occupazione e di garantire i cittadini nei diritti sociali fruibili, in materia di reddito, sanità, istruzione, assistenza abitazione. Su questa base - nelle due linee comunemente note come bismarckiana occupazionale e beveridgiana di cittadinanza sociale- è stato edificato nel secondo dopoguerra il poderoso edificio della protezione sociale che caratterizza il modello europeo di civilizzazione.

Dagli anni Ottanta, l’edificio dello Stato sociale mostra vistose e crescenti crepe, sotto la spinta dei modelli economici di globalizzazione neoliberista e per l’indebolimento economico e fiscale degli stati nazionali, chiamati a conservare i livelli raggiunti di protezione. La forbice fra bisogni che si allargano (nella crisi) e risorse che si contraggono per fronteggiarli apre scenari non poco inquietanti sul futuro dei sistemi di protezione. L’intervento verso soggetti in privazione grave può diventare una amministrazione disciplinare del disagio, fino a modalità afflittive. Cresce - in mancanza di meglio - il ricorso a forme di neobeneficienza, esterna alla sfera dei diritti, per chi si trova in permanenti condizioni di marginalità sociale ed esclusione. In questo quadro di crescenti vulnerabilità e precarietà del mercato di lavoro, l’innovazione «in continuità» può riguardare l’estensione degli ammortizzatori sociali dai lavoratori relativamente stabili che ne fruiscono a soggetti del lavoro che ne sono privi (giovani precari, artigiani, piccole imprese e loro dipendenti).

Non manca tuttavia chi sulla ritirata della sfera di protezione pubblica (che impone una solidarietà obbligatoria estesa per via fiscale e contributiva alla intera società) fonda la richiesta di passare a prestazioni e servizi «disegnati, ogni volta che sia possibile, in modo da aiutare le persone ad aiutare se stesse» (A. Giddens). Il cambiamento sostanziale della rete di protezione dovrebbe favorire le scelte dei soggetti sui loro percorsi di vita e di lavoro, accumulazione previdenziale, care famigliare, formazione, attività di utilità sociale, rendendoli attivi e responsabili nei confronti dei loro stessi bisogni. Si collocano qui molte attese e alcune retoriche sulla sussidiarietà orizzontale. Ad essa viene ad esempio ricollegata la crescita del cosiddetto «secondo welfare», che affida a riscoperti meccanismi di tutela a base aziendale, di categoria sindacale, o di nuova mutualità ambiti più rilevanti di protezione previdenziale e sanitaria, con corrispondente riduzione dell’area di copertura obbligatoria.

Anche il terzo settore – di cui è in corso il riassetto normativo - è rilevante ai fini della sussidiarietà orizzontale. Certo non dovrebbe limitarsi a fronteggiare l’estensione dei disagi (e neppure si vede come questo giustificherebbe la richiesta di ricevere sostegni e sovvenzioni) bensì arricchire, qualificare e rendere significative - in termini relazionali e di partecipazione sociale - le prestazioni di servizi alla persona che sono progettate attuate e verificate in contesti specifici. È chiaro infatti che spostare la responsabilità della protezione in capo ai singoli anziché esigerne la soddisfazione da parte delle istituzioni aumenta gli spazi di libertà, ma mette a carico delle persone anche i costi dell’eventuale fallimento. Allo sviluppo non strumentale della sussidiarietà orizzontale e territoriale sarebbe perciò di reale giovamento la determinazione anche normativa di livelli essenziali di prestazioni, validi a scala nazionale, che aggiornino la struttura tradizionale del diritti sociali. Consentire ad una pluralità di attori di convenire sugli obiettivi della protezione da assicurare è anche la via per aiutarli a cooperare alla loro realizzazione concreta, senza farsi scudo di aprioristiche contrapposizioni di orientamenti e di valori.

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