Emergenza sanità

Sabato 11 ottobre 2014 un incontro tra il nuovo assessore regionale piemontese alla Sanità, Antonio Saitta, e i responsabili della pastorale della salute della diocesi torino. Un occasione per affrontare a 360 gradi i problemi legati alle risorse economiche e alle strutture. 

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Emergenza sanità

Fra i dossier impilati sulla scrivania del nuovo assessore alla Sanità Antonio Saitta c’è quello degli ospedali (presidi ospedalieri) di ispirazione cattolica, che la Regione Piemonte utilizza intensamente ma paga poco. Un’occasione per chiedere sovvenzioni più rispettose dei costi caricati sul Cottolengo, San Camillo, Fatebenefratelli, Don Gnocchi/Ausiliatrice e altre strutture è venuta sabato 11 ottobre durante un cordiale ma molto schietto incontro fra Saitta e gli operatori sanitari del mondo cattolico piemontese, riuniti presso il Centro Santo Volto dalla Consulta regionale di Pastorale della Salute e dal Tavolo delle Istituzioni Sanitarie di ispirazione cristiana.

Si è parlato di Salute a 360 gradi. Saitta ha illustrato i conti in rosso della Regione, che vede ormai praticamente commissariata la propria macchina sanitaria (300 milioni di scoperto nel 2014). È toccato al direttore del San Camillo Marco Salza, anche nella sua veste di coordinatore nazionale dei presidi ospedalieri, denunciare lo stato di crescente sofferenza in cui sono lasciate le strutture cattoliche, «che fanno parte nella rete ospedaliera pubblica – ha detto – e svolgono lo stesso servizio degli ospedali statali, ma ricevono dalla Regione una copertura economica inferiore. Solo l’intervento delle congregazioni religiose permette di ripianare i bilanci dei nostri ospedali; tappabuchi che non dureranno in eterno».

Conti in bilico. Sia il direttore del San Camillo che il direttore sanitario del Cottolengo Roberto Russo hanno chiesto di riconoscere nei fatti, oltre che nelle parole, il servizio pubblico degli ospedali cattolici, che effettuano decine di migliaia di ricoveri l’anno per il Servizio Sanitario Nazionale. «Quando la Regione ci chiede adeguamenti edilizi – ha osservato Salza – dovrebbe anche aiutarci a finanziarli. Quando ci impone modalità contrattuali stringenti (per esempio l’esclusività del rapporto dei medici, o l’applicazione delle procedure concorsuali) dovrebbe anche adeguare la copertura economica. Se la Regione lascia senza copertura questi capitoli di spesa sta dichiarando di considerarci alla stregua delle cliniche private: una posizione inaccettabile, contraria alle normativa che regola il settore pubblico».

«I rapporti devono essere molto più chiari – ha insistito il dottor Russo – Gli ospedali cattolici svolgono servizio pubblico, sono spesso economicamente più efficienti di quelli statali, tengono i bilanci a posto, fanno risparmiare denaro collettivo, eppure vengono penalizzati. Com’è possibile che l’Assessorato non abbia mai nominato neppure il funzionario di riferimento istituzionale per i nostri presidi ospedalieri, affidandoci sempre, in questo campo, a consulenti esterni? Non sappiamo mai a chi rivolgerci, ci troviamo a inseguire norme che cambiano continuamente…». Clamoroso è il caso del San Camillo che due anni fa venne costretto a rimodernare l’impianto dei gas sanitari e l’impianto di aspirazione del vuoto (120 mila euro) per non perdere l’accreditamento regionale, salvo apprendere, a lavori completati, che l’adeguamento non era più obbligatorio… erano cambiate le regole.

Nessuna promessa. Sabato scorso l’assessore Saitta, erede di una situazione finanziaria difficilissima, ha annotato le osservazioni. Ha confermato il proprio sostegno di sempre alle strutture di ispirazione cattolica (era presente all’incontro anche l’associazione delle case di cura Aris), ma ha fatto capire di non poter promettere, per ora, risorse aggiuntive. «I costi della Sanita piemontese – ha detto – sono giunti a livelli insostenibili: 8,3 miliardi di euro nel 2014, circa 300 milioni di sforamento rispetto al budget concesso dal Governo». L’anno 2015 vedrà soprattutto tagli di bilancio, razionalizzazione della rete sanitaria, «impegnandoci a intervenire senza pregiudicare i servizi».

L’intero incontro fra Saitta e gli operatori di Pastorale della Salute si è svolto all’insegna della condivisione di sfide e problemi, senza promesse. Quello dei presidi ospedalieri è solo uno dei temi presi in esame, accanto alla questione dei nosocomi a rischio nelle valli alpine e nelle località periferiche, al problema dei malati cronici e dei non autosufficienti che sempre più gravano sulle famiglie, ai progetti mai decollati sul fronte delle cure domiciliari, al problema della continuità assistenziale da garantire ai malati congedati dal servizio sanitario (1.400 posti letto sono stati espulsi dalla rete ospedaliera, dovrebbero passare a quella assistenziale, ma la delibera è stata congelata lo scorso mese di agosto). A mons. Guido Fiandino e don Marco Brunetti (delegato e incaricato Cep) che ribadivano il quadro dei valori da salvaguardare in tempo di crisi, nel rispetto della «persona», Saitta ha risposto con una cruda relazione sulle sofferenze di cassa («la spesa è soffocante, il sistema non può più reggere così com’è») e sulle prospettive: «risaneremo la Sanità, faremo ogni sforzo per mantenere la qualità del servizio, ma non possiamo più promettere tutto quello che esiste oggi».

Il quadro di bilancio offerto dell’Assessore – un campo di battaglia – somiglia a quello che il predecessore Paolo Monferino (Giunta Cota) descrisse un paio di anni fa, per primo, ottenendo poco ascolto. «I conti della Sanità piemontese – ha dichiarato Saitta - risultano peggiori di quelli di tutte le altre regioni del Nord Italia, che hanno ormai imparato a rispettare i tetti di spesa concordati a Roma, anzi risparmiano denaro da destinare alla modernizzazione delle strutture sanitarie. Molte indicazioni che abbiamo ereditato dall’Amministrazione Cota per risanare i conti sono condivisibili e le metteremo in atto: centralizzazione degli acquisti, razionalizzazione della rete ospedaliera…».

Sfida politica. Si prepara una stagione di sacrifici per tutti gli attori della Sanità. Il metro per giudicarla sarà la conservazione dei livelli essenziali di cura e assistenza pubblica. La novità del metodo Saitta, rispetto ai predecessori, pare soprattutto politica: «perseguire la ristrutturazione coinvolgendo gli operatori, molto più di quanto non si è fatto nel passato». «Siamo sotto di 300 milioni – ha detto – L’unico modo per risalire la china è lavorare tutti insieme. Presenteremo i dati di bilancio a tutte le categorie professionali, alle parti politiche, ai sindacati perché ci dicano cosa possono modificare nel proprio modello organizzativo; rinnoveremo i direttori generali delle aziende sanitarie affidando loro il compito di guidare questo processo diffuso. In passato l’Assessorato ha controllato poco, non succederà più».

Nella sua lunga relazione, Saitta ha anticipato i capitoli sui cui interverrà con più decisione per ridurre i costi e migliorare il servizio. «Sono convinto che si possa ottenere entrambi i risultati – ha detto – perché esistono grosse inefficienze, sprechi che possiamo rimuovere». Saranno imbrigliati gli acquisti da parte delle Asl e degli ospedali («in 5 anni l’Emilia Romagna ha centralizzato il 40% delle forniture»), sfrondata la spesa farmaceutica in eccesso; sarà razionalizzata la rete ospedaliera «non solo per ridurre i costi legati alle strutture doppie, ma per garantire la sicurezza di quei pazienti che oggi stanno frequentando centri poco specializzati».

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