Come (non) dialogano ricerca e diritto

Interventi del prof. Bonfanti, Dipartimento di Scienze Veterinarie, Università di Torino e NICO - Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi e il prof. Pallante dipartimento di Giurisprudenza, Università di Torino

Parole chiave: ricerca (15), università (76), europa (177)
Come (non) dialogano ricerca e diritto

Tra il 6 e l'8 aprile 100 studenti di scuola superiore si confronteranno con ricercatori e personalità della politica regionale nell'ambito del progetto "Debate science! European Student Parliaments" coordinato a Torino dal Centro Interuniversitario Agorà Scienza. Il tema di quest'anno, "Il futuro degli esseri umani" è legato alla nostra capacità di gestire la complessità sempre crescente del mondo, raggiungendo un equilibrio tra progresso scientifico-tecnologico e rispetto di valori, leggi e diritti delle comunità in cui viviamo.

E' dunque necessario che si instauri un dialogo tra chi fa ricerca e i diversi attori sociali che partecipano alla pubblica discussione e al processo di regolamentazione di tutti quegli ambiti che sono toccati dai progressi della ricerca. Politica e media, cittadini e ricercatori, giocano un ruolo ugualmente importante per avviare questo processo.

Ma quali sono gli strumenti che il diritto mette a disposizione della politica e della società per prendere decisioni scientificamente corrette? Quali i paletti che la democrazia costituzionale pone, definendo l’area di azione in cui questi attori si muovono? E quali sono le responsabilità che i ricercatori hanno rispetto alla società? Come il concetto di etica può limitarne il lavoro, anche in relazione ai bisogni e ai valori della cittadinanza?

In una lectio magistralis condivisa, un giurista esperto in diritto costituzionale e un neurobiologo esperto in ricerca sulle cellule staminali cercheranno di trovare i punti di contatto tra le rispettive discipline, ma anche le eventuali falle nel dialogo tra ricerca e stato che possono rappresentare l'anticamera di conflitti istituzionali e sociali, come quelli tristemente noti della cronaca recente. La pressione dell’opinione pubblica, falsata dai media e da una cattiva informazione, può infatti interferire sulla politica portando a cattive decisioni (vedi il caso Stamina) o viceversa la politica si può trovare a dover regolamentare situazioni pericolose create da una cattiva informazione (vedi il movimento anti-vaccinista). Un ruolo centrale nei rapporti tra ricerca, società e istituzioni èpertanto quello giocato dall'informazione scientifica, non sempre all'altezza nel difficile compito di rendere fruibili concetti complessi.

Tra le priorità di tale comunicazione, la necessità di distinguere la ricerca di base, finalizzata alla produzione di nuova conoscenza, e le applicazioni che da tale conoscenza possono scaturire, più o meno mediate dal business, con ricadute sia positive che negative, a seconda dell'uso. Nel caleidoscopio delle relazioni "pericolose" tra ricerca, cittadini e stato, emerge sempre più importante il concetto di responsabilità: dei politici nel prendere decisioni scientificamente corrette, dei media nel garantire una corretta informazione, dei ricercatori nel fare ricerca e nel condividerla con la società, e, non ultimo, la responsabilità dei cittadini nell’agire informati. La democrazia costituzionale definisce una cornice di azione per i cittadini e per la politica. È in questa cornice che la politica, in rappresentanza dei suoi elettori, si trova a decidere quando si trova a normare pratiche proposte dal progresso tecnico scientifico che entrano “in conflitto” con i valori della comunità o con parte di essa.

Qualcuno potrebbe chiedersi: non è un argomento troppo complesso per ragazze e ragazzi delle superiori? La risposta, tuttavia, non lascia spazio a dubbi: la chiave del futuro degli esseri umani è nelle mani dei giovani.

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