A Torino la campagna "Zero homeless". Una casa a sei senza fissa dimora

È operativo a Torino il piano "Housing First" che offre una casa e un accompagnamento verso l'autonomia a sei persone senza fissa dimora. Il progetto è promosso da FioPsd, Comune, Caritas diocesana, Ufficio Pio Compagnia di San Paolo

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A Torino la campagna "Zero homeless". Una casa a sei senza fissa dimora

Cinque appartamenti per sei persone senza fissa dimora a Torino. In Italia sono 510 i clochard che non trascorreranno più inverni ed estati sulle panchine, e neanche nei dormitori. Certamente numeri bassi se si pensa ai 1.700 homeless che si registrano a Torino e agli oltre 51mila in Italia (di cui il 38% al nord-ovest). Si tratta del progetto sperimentale per senza fissa dimora, «Housing First», partito a Torino due anni fa e che entra operativo con l’inizio della stagione fredda.

I numerosi volontari che operano a contatto con i senza dimora sanno bene quanto sia difficile per gli ospiti accettare un posto letto in un dormitorio. Sì perché non basta un letto o un piatto di minestra per far fronte ai bisogni impellenti. È necessario restituire la dignità, offrire la possibilità di ricostruirsi una vita, attraverso progetti lavorativi e il reinserimento nella rete sociale.

È questo il cuore del progetto, nato negli Stati Uniti, e della campagna «#ZeroHomeless» presentati a Torino il 17 ottobre in occasione della Giornata internazionale di lotta alla povertà.  

La «FioPsd» (Federazione italiana organismi per le persone senza dimora) ha avviato un percorso che ha portato alla redazione delle «Linee di indirizzo per il contrasto alla Grave emarginazione in Italia», pubblicate recentemente dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Uno strumento che raccoglie le buone prassi sviluppate nei diversi territori italiani da istituzioni, realtà del Terzo settore e Caritas diocesane.

«Un progetto», ha sottolineato Cristina Avonto, presidente di FioPsd, «che punta in alto, per città in cui non ci sia più nessuno che dorme, e spesso muore di freddo in strada, nell’indifferenza». «A differenza dei tradizionali modelli di reinclusione sociale», ha proseguito, «definiti ‘a gradini’, con passaggi progressivi in strutture di accoglienza temporanee e collettive e percorsi di reinserimento curati dai servizi sociali, i progetti di Housing First garantiscono in partenza una stabilità abitativa offrendo agli homeless una salda rampa di lancio verso la riconquista di una vita ‘normale’».

Nel capoluogo piemontese, per realizzare il progetto di «Housing First» è nato un coordinamento costituito da Città di Torino, Caritas diocesana, Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo e una decina di altre realtà del Terzo settore, associazioni di volontariato e cooperative sociali.

Una rete pubblico-privato che, mettendo a disposizione risorse economiche, progettuali e professionali, ha consentito di avviare la sperimentazione con due progetti che sono già operativi: «Abi.To» e «Res.To».

Il primo, «Abi.To», è destinato a senza fissa dimora che non hanno accesso a una casa di edilizia residenziale pubblica, ma possiedono capacità e competenza per condurre una vita in piena autonomia.

«Res.To», invece, è stato pensato per persone in condizione di disagio sociale e abitativo cronicizzato, cioè che già da molti anni vivono in strada.

Ad oggi, come accennato, a Torino i due progetti mettono a disposizione cinque appartamenti e coinvolgono sei persone, ormai ex senza fissa dimora.

«Negli ultimi anni», ha commentato Sonia Schellino, assessore comunale alle Politiche sociali, «a Torino, come in gran parte delle città italiane ed europee, il numero delle persone che vivono in condizioni di povertà è aumentato e rappresenta una parte tutt’altro che esigua della popolazione». «Una situazione», ha aggiunto, «che ha generato una rapida ed esponenziale crescita della domanda di sostegno economico e sociale in un contesto di calo delle risorse pubbliche disponibili».

«È necessario», ha concluso la Schellino, «che il sistema di servizi di welfare mantenga in primo piano la centralità della persona e la promozione di processi di autonomia e di crescita degli individui. Il modello di contrasto alla povertà assoluta, dunque, proposto dall’‘Housing First’ si mostra in linea con queste azioni prioritarie nella lotta a povertà ed emarginazione».  

«È necessario» – ha commentato Pier Luigi Dovis, direttore della Caritas diocesana, «creare delle modalità per cui le sperimentazioni possano diventare delle effettive scelte politiche». Dovis ha poi osservato come sia sempre opportuno, quando si tracciano delle linee guida, «coinvolgere gli ospiti dei servizi per non cadere nell’errore di costruire vestiti che non sono adeguati alle reali necessità». «La sfida del progetto rimane, dunque», ha concluso, «quella di mettere insieme i bisogni effettivi dettati dalle emergenze ai progetti innovativi».

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