Anche a casa del Vescovo la mensa dei poveri

Dopo la temporanea chiusura del servizio al Cottolengo in Arcivescovado dal 4 settembre saranno serviti a pranzo 51 pasti. La Caritas diocesana ha coordinato un piano straordinario in rete con gli enti caritativi della Città per garantire il sostegno a circa 300 persone 

Anche a casa del Vescovo la mensa dei poveri
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Dal 4 settembre 51 poveri pranzeranno in Arcivescovado. Un segno, una risposta che mons. Nosiglia ha voluto offrire in prima persona ad una situazione di difficoltà legata alla temporanea chiusura della mensa del Cottolengo. Ma non si tratta di un gesto isolato: tutta una rete di enti e di mense già attive hanno accolto infatti l'appello della Piccola Casa e coordinandosi hanno dato vita tra giugno, luglio e agosto a un progetto comune di aiuto, impegnando volontari e risorse per sostenere circa 300 persone che senza la mensa del Cottolengo non avrebbero saputo come sfamarsi.

La mensa del Cottolengo –

Ogni giorno, dal lunedì al sabato, la mensa della Piccola Casa della Divina Provvidenza, in via Vittorio Andreis, la più grande della città, garantisce circa 500 pasti, ma per 8 -10 settimane dagli inizi di settembre deve essere chiusa per urgenti lavori di ristrutturazione su tutto l’edificio, che ospita anche altri servizi per le persone senza dimora (un piccolo dormitorio, servizi per l'igiene personale, un centro di ascolto, un luogo di distribuzione beni primari). Alla Piccola Casa il cibo viene cucinato internamente, senza nessun sostegno economico di enti pubblici o privati. Coordinati da fratel Domenico Conti vi prestano servizio alcuni religiosi della Congregazione dei Fratelli di San Giuseppe Benedetto Cottolengo, alcuni operatori sociali e numerosi volontari. È un punto strategico della mappa sociale della città, conosciuto da italiani e stranieri, stabili o di passaggio.

«Ci siamo subito resi conto», spiega Pierluigi Dovis, direttore della Caritas diocesana, «che la chiusura di questo servizio, seppur temporanea, avrebbe potuto rappresentare un problema di non poco conto sia per le persone bisognose che per gli altri enti di carità che gestiscono mense o forme di refezione per i più poveri. Per questo la Direzione Assistenza della Piccola Casa, coordinata da suor Liviana Trambajoli, già nel mese di maggio ha allertato la rete della Città e della Chiesa torinese per provare ad escogitare insieme una strategia di gestione della situazione. Un’occasione che pienamente si situa nello stile dell’Agorà del sociale introdotta da alcuni anni dall’Arcivescovo sui temi della formazione, del lavoro e del welfare. Così si è costituito un gruppo di lavoro con rappresentanti del servizio adulti in difficoltà della Città di Torino, del Tavolo ecclesiale mense (che raccoglie le principali mense di matrice ecclesiale presenti in città) e della Piccola Casa sotto il coordinamento della Caritas diocesana. Dopo un primo momento di apprensione soprattutto dovuta ai numeri, il gruppo ha valutato due possibilità concrete per supplire alla chiusura: o creare un luogo cumulativo ad hoc con l’appoggio di realtà come i gruppi Ana o di protezione civile, o quella di 'spalmare' gli utenti del servizio su luoghi già attivi come mense e, dunque, attrezzati allo scopo».

La soluzione «diffusa» sulle mense cittadine –

Ha prevalso la scelta di fare affidamento su una realtà come quella delle mense che in città è ben articolata: ve ne sono una ventina, alcune solo per ospiti interni ad istituzioni specifiche (come il Sermig, la Comunità Madian, gli Asili Notturni Umberto I), altre aperte al pubblico. Qualcuna solo a pranzo, altre solo a cena. Qualcuna solo nei giorni festivi (4) e un paio solo per la colazione. Di tutte hanno dato disponibilità ad aumentare i posti disponibili la mensa del Convento di Sant’Antonio da Padova, quella della parrocchia di Sant’Alfonso in via Netro, la mensa della parrocchia San Giuseppe Cafasso in corso Grosseto e quella della parrocchia sacro Cuore di Gesù in San Salvario. A queste si è aggiunta la mensa serale Spazio d’Angolo di borgo San Paolo che ha accettato di aprire i battenti anche a pranzo.

«Ma i posti», prosegue Dovis, «non erano ancora sufficienti. Così prima – con la mediazione dell’associazione Terza Settimana –  la Rsa Principe Oddone nelle vicinanze di piazza Statuto ha offerto la disponibilità di una decina di posti presso la propria mensa interna e poi l’Arcivescovo Nosiglia ha messo a disposizione alcuni locali dell’Arcivescovado di Torino dove saranno accolte per il pranzo una cinquantina di persone (ingresso da via dell’Arcivescovado 12 C). Così il numero è stato raggiunto. Anche perché i fruitori del servizio sostitutivo non saranno tutti i soliti ospiti del Cottolengo, alcuni dei quali si sono detti disponibili ad arrangiarsi per un periodo non così lungo, ma 'solo' 300».

«Una soluzione del problema», precisa Dovis, «positiva non solo perché il numero dei pasti necessari è stato garantito, quanto per la modalità che si è attuata di reazione al problema e per l'impegno comune e condiviso che tutti han dimostrato».  Nel mese di luglio gli operatori della mensa di via Andreis hanno contattato tutti gli ospiti, valutando con loro la necessità per i mesi di chiusura e già indirizzandoli ad uno dei luoghi disponibili per la supplenza. Non ci saranno dunque persone costrette a vagare di mensa in mensa in ricerca di un pasto, ma ciascuno, munito di tessera identificativa, andrà laddove è stato indirizzato, con gli orari stabiliti. Tutte le realtà che si sono date disponibili hanno assicurato la gratuità del servizio supplementare dei volontari e dell’utilizzo dei locali, nonostante la fatica che un cambio organizzativo di tal natura comporta.

La mensa in Arcivescovado

«Più complesso da organizzare era il servizio in via Arcivescovado», precisa Dovis, «li infatti non c’è una mensa e, dunque, Caritas diocesana e Sermig hanno istituito un percorso in cui vengono coinvolti anche gli ospiti – 51 in totale – nel servizio reciproco, sotto il coordinamento di volontari provenienti da piazza Borgo Dora ma anche dallo stesso ufficio della Caritas diocesana i cui addetti si turneranno a servire».

Il sostegno economico

Tra i problemi affrontati anche il nodo economico, non avendo nessuna delle realtà del volontariato coinvolte la possibilità di aggiungere in proprio ulteriori pasti – da 20 a 61 in più ogni giorno a seconda delle mense –  per un totale di quasi 17 mila pasti composti da un primo, un secondo, un contorno, pane ed acqua. «Tre delle mense disponibili», ha concluso Dovis, «ricevono già in toto o in parte il cibo preconfezionato da una impresa attraverso la convenzione con la Città di Torino. Pertanto il gruppo di lavoro ha attivato l’assessore Sonia Schellino perché si facesse parte attiva nel reperimento – interno o esterno – delle risorse economiche necessarie. I tempi sono difficili per tutti, Comune compreso, e i budget a questo momento dell’anno ormai già canalizzati. Pertanto la strategia messa in atto ha previsto non solo la ricerca di fondi comunali – stornati dalle voci di bilancio inerenti il sociale e messi a disposizione qualora ve ne sia necessità – ma anche l’attivazione di enti finanziatori sul territorio torinese. Contattati a nome del gruppo di lavoro dalla Caritas hanno risposto la stessa Arcidiocesi, la Fondazione Specchio dei Tempi, la Compagnia di San Paolo e la Fondazione Cassa Risparmio di Torino. Insieme tutti i fondi disponibili pubblici e privati ammontano a circa 130 mila euro, sufficienti a coprire il fabbisogno, a sostenere anche qualche elemento di ampliamento per i giorni festivi, a coprire eventuali spese inerenti le strutture. Anche sotto questo aspetto dunque abbiamo sperimentato un lavoro sinergico intorno ad un tema la cui urgenza è stata da tutti condivisa e grazie al confronto che si è aperto per risolvere l'emergenza abbiamo colto una positiva opportunità di cambiamento e di miglioramento del servizio che proseguiremo».  

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