Assistenti sociali, nuove leve senza lavoro

Il 20% degli assistenti sociali in Piemonte non fa… l’assistente sociale. Il bilancio degli enti locali è in rosso, le assunzioni sono bloccate, gli operatori specializzati si rassegnano a fare altri mestieri. La denuncia al Convegno di categoria. 

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Assistenti sociali, nuove leve senza lavoro

Uno su cinque. È la frazione di quanti sono disoccupati fra i 2.411 assistenti sociali piemontesi iscritti all’Albo (la maggioranza donne, 2281) oppure lavorano in settori che non hanno a che fare con la loro professione, e nemmeno con le politiche sociali: segretarie, cameriere, libere professioniste anche, accomunate da un titolo di studio e una preparazione nel campo delle politiche socio-assistenziali che non possono spendere per mancanza di lavoro. Il dato è emerso a margine della Giornata mondiale del Servizio Sociale, celebrata in Piemonte martedì 17 marzo presso il Teatro Nuovo di Torino, oltre 950 posti tutti esauriti. Sull’iniziativa, che è nata nel 1983 e da qualche edizione è appuntamento fisso dell’Ordine degli assistenti sociali del Piemonte, quest’anno aleggiava il concreto allarme per la crisi di impiego nel settore: «Il 20 per cento degli iscritti – conferma la presidente regionale dell'Ordine, Barbara Rosina – non lavorano nei servizi, oppure non lavorano proprio: quasi 500 persone tagliate fuori dagli ambiti per i quali hanno studiato e per i quali hanno le competenze per affrontare le crescenti domande degli utenti».

Sì, perché le richieste di intervento dei Servizi sociali non diminuiscono: «C’è bisogno di un aumento del personale in relazione all’aumento e al cambiamento costante della domanda – spiega Rosina – La crisi economica e la solitudine di molte persone, non solo anziane, sono fenomeni relativamente nuovi che vanno affrontati prima che i casi diventino da ‘codice rosso’». Gli ultimi dati a disposizione della Regione Piemonte (2012), resi noti durante il convegno, fotografano l’aumento dei casi presi in carico in specifiche categorie della popolazione: 61 mila minori (6.200 con disabilità), rispetto ai 51 mila del 2010; 113 mila adulti (30 mila disabili) rispetto a 101 mila. In calo drastico risultano gli anziani non autosufficienti presi in carico dai Servizi sociali (che devono integrare il reddito dei soli utenti in convenzione con l’Asl che non hanno sufficienti risorse economiche): sono scesi da 47 mila a 28 mila, perché purtroppo stazionano a decine di migliaia nelle liste d’attesa sia per le prestazioni domiciliari che per i ricoveri.

Cosa non funziona? A fronte di bisogni pressanti, i Comuni, gli Enti gestori delle funzioni socio assistenziali e la Regione - tradizionali datori di lavoro degli assistenti sociali - hanno praticamente bloccato le assunzioni, «salvo borse e assegni da poche centinaia di euro al mese per sostituzioni di maternità o infortuni, ad orario pieno» spiegano nella platea del Teatro Nuovo alcuni neo assistenti sociali in cerca dei primi incarichi. Ed ecco l’imbuto, che dall’alto viene alimentato da un corso di laurea di primo livello dell’Università di Torino (160 porti in ingresso disponibili all’anno) e da una laurea magistrale in Politiche e Servizi sociali dello stesso Ateneo, ai quali si affiancano due analoghi corsi all’Università del Piemonte orientale.

Ellade Peller, referente del coordinamento che raggruppa molti degli Enti gestori delle funzioni socio-assistenziali del Piemonte:  «I vincoli sul budget impongono di tenerci nei limiti di spesa dell’anno 2009: molto spesso non riusciamo a sostituire nemmeno chi va in pensione. Comuni e Regione sostengono di non avere soldi», pur di fronte alle sollecitazioni a ridurre gli sprechi e recuperare le risorse fresche disponibili con decisioni immediate che arrivano da numerose associazioni di utenti. Secondo Peller «si pone un problema di priorità nella destinazione delle risorse: che l’assistenza non possa rimanere un impegno residuale dell’ente pubblico mi sembra che l’abbiano chiaro anche in Regione. Ora servono risorse».

Secondo Elide Tisi, assessore alle Politiche sociali e vicesindaco del Comune di Torino, la situazione di emergenza per gli operatori è ormai conclamata, perciò «è necessario che ci sia nel settore dell’assistenza almeno la sicurezza del turn over a garanzia della continuità dei servizi».

La celebrazione della Giornata mondiale del Servizio Sociale è stata animata da interventi dei docenti universitari Franco Prina, Donatella Simon, Cristiana Pregno e Manuela Olia, dell’assessore regionale Monica Cerutti, da una tavola rotonda degli operatori sui temi dell’immigrazione (molti hanno denunciato un notevole aumento delle richieste d’intervento anche in questo ambito), della coabitazione, dell’inserimento dei minori in comunità, del sostegno ai familiari degli utenti.

Tra i temi caldi delle conclusioni pomeridiane quello delle cure socio-sanitarie per le persone malate o disabili non autosufficienti, sollecitato da alcuni dei 240 assistenti regionali che lavorano in sanità, il 24% dei quali in ospedale, solo il 2% nella continuità assistenziale, mentre il settore delle dipendenze assorbe il 43% del personale. L’assessore alle Politiche sociali della Regione Piemonte Augusto Ferrari ha precisato che sugli assegni di cura per le cure a casa, «le delibere della precedente Giunta sono state annullate dal Tar e che il sistema deve andare avanti congiuntamente, rispettando le competenze di sanità e servizi sociali».

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