Silenzio, meditazione e incontro nelle celle dell'Eremo

Un'oasi di pace, silenzio, raccoglimento e accoglienza. Un eremo, ossimoro della modernità, situato nel cuore di Torino, presso l'ex carcere delle Nuove.

Silenzio, meditazione e incontro nelle celle dell'Eremo

Un'oasi di pace, silenzio, raccoglimento e accoglienza. Un eremo, ossimoro della modernità, situato nel cuore di Torino, presso l'ex carcere delle Nuove, a pochi passi dal traffico cittadino, dal Palazzo di Giustizia e dal grattacielo dell'Intesa Sanpaolo. Sorge qui l'Eremo del Silenzio, nella palazzina che fino alla metà degli Anni Novanta ospitava le detenute del 41 bis, il carcere duro. Un luogo di dolore trasformato in una realtà unica in Italia. Non ci sono cartelli a indicare la strada per raggiungere la struttura, perché, racconta il fondatore Juri Nervo: "Questo non è un posto che va trovato ma cercato". Così le cinque celle che lo compongono, da un luogo di detenzione obbligatoria, sono diventate un posto di detenzione volontaria, un angolo per se stessi, dove meditare, riflettere ma anche incontrare persone e condividere esperienze. Il silenzio, tra queste mura, diventa un luogo dove stare. Un luogo che lo scorso 31 ottobre, in partnership con la Pastorale Giovanile, ha ospitato “La Notte dei Santi”, durante la quale più di ottocento persone hanno gremito i bracci dell’ex carcere per incontrare l’Arcivescovo Nosiglia e riflettere tutti insieme sui temi della santità e del silenzio.

Oggi Nervo ricorda come è nata l’idea dell’Eremo: “Alla base c’è la mia ricerca personale, la volontà interiore di capire e cercare, che in passato mi ha portato a frequentare la Facoltà di Teologia. Si possono vivere il silenzio e il deserto in città? Sì e le risposte più interessanti le ho trovate dentro una cella”. Il percorso individuale del fondatore si è nutrito anche delle esperienze di chi in passato ha studiato e meditato sul concetto di cella come deserto. Ad esempio Padre Carretto nel libro “Il deserto nelle città” o la congregazione La Fraternità di Gerusalemme.

“Nella mia esperienza – dice Nervo – il silenzio è un luogo che permette di farmi vivere la libertà del Vangelo, ma è anche turbamento nello scoprire chi sono: un semplice peccatore, un essere ferito che ferisce”. Il silenzio, in quest’ottica, diventa un passo decisivo verso un cammino di pace e riscoperta del nostro io più intimo, dell’energia più profonda che possediamo: l’amore.

L'Eremo torinese nel tempo è cresciuto poco per volta, in modo naturale. “Tutto è cominciato nel 2011 – prosegue Nervo – quando collaboravo con i servizi sociali. Tenevo dei laboratori nelle scuole sulla realtà del sistema carcerario. Appena sono entrato in contatto con il Museo delle Nuove, affascinato dalle figure degli eremiti, ho pensato alla realizzazione di uno spazio simile e, Felice Tagliente, il direttore del Museo si è dimostrato disponibile. Così abbiamo cominciato i lavori".

In questo periodo sono passate centinaia di persone, di qualunque età ed estrazione sociale. Tutte unite da un medesimo filo conduttore: l'esperienza del silenzio. Qualcuno ci è arrivato per trovare se stesso, qualcuno per continuare un percorso, altri per iniziarlo e altri ancora per fermarsi. "Chi viene qui - racconta Nervo - non si predispone a un esercizio sterile. Lo fa per riflettere e poi confrontarsi: stare davanti a Dio per stare meglio davanti agli uomini. Anche un eremita deve restituire".  

E proprio nel solco di questa considerazione, due anni fa l’esperienza dell’Eremo ha condotto alla nascita di un’associazione molto attiva nella progettazione sociale, vicina ma indipendente rispetto al percorso dell’Eremo stesso: EssereUmani.

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