La pecora e la dracma ritrovate

Le parabole della Misericordia nei vangeli

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La pecora e la dracma ritrovate

Quando Gesù disse: “Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova?” (Lc 15,3-4), forse si aspettava che gli astanti gli rispondessero: “Certo, anche noi avremmo fatto così”. Ma credo che in realtà pochi si sarebbero comportati come il pastore della parabola. Perché rischiare le novantanove pecore per andare alla ricerca di una sola? Una corretta impostazione economica non prevede sempre i possibili “scarti di produzione”? Qui una pecora testarda e disobbediente al pastore, o desiderosa di autonomia, o tentata da chissà quali altri pascoli, o semplicemente distratta, si perde.

Il pastore, per andare a cercarla, abbandona allora le altre novantanove pecore che invece erano a lui obbedienti, remissive, contente di stare con lui. Molti commentatori affermano che il pastore le avrà lasciate in un ovile sicuro, o affidate a un altro guardiano: ma il testo in realtà parla di vero abbandono (kataleìpe: Lc 15,4; aphèse: Mt 18,12) e non specifica nessuna misura di protezione per le pecore rimaste. Anzi, il pastore le abbandona “sui monti” (Mt 18,12), si legge nel Vangelo di Matteo, o addirittura “nel deserto” (Lc 15,4), ci dice il Vangelo di Luca, esposte cioè alla voracità dei lupi e dei leoni, o all’assalto di ladri e briganti.

Secondo la logica umana, queste pecore avrebbero tutte le ragioni per lamentarsi, come avrà ragione il figlio perbene quando vedrà il padre ridividere il patrimonio con il figlio prodigo ritornato. “Non è giusto": questa è la reazione che suscitava la parabola… Dio ha questa preferenza ed è pronto ad assumersi comportamenti «ingiusti» e «irrazionali» agli occhi degli scribi e dei farisei” (G. De Virgilio, A. Gioni). Ma Dio, come tutta la Scrittura ci insegna, ha una predilezione particolare per i deboli, per i piccoli, per chi è più fragile, per chi sbaglia: “Infatti il Figlio dell’uomo è venuto a salvare ciò che era perduto” (Mt 18,11).

Il secondo racconto, quello della moneta perduta e ritrovata, rimodula le tematiche di quello della pecora smarrita, ma con alcune sottolineature specifiche. Innanzitutto la protagonista è una povera donna. Se la dracma è la paga giornaliera di un bracciante agricolo, tutto il “tesoro” di questa donna era il salario di dieci giorni. A volte sono i poveri i migliori ricercatori del Regno di Dio. Come dice il Salmo: “L’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono” (Sl 49,13.21).

Nel racconto c’è anche una sottolineatura ecclesiologica: “Se la donna invece di cercare avesse <<spazzato>> e buttato le <<immondizie>> fuori casa, non avrebbe più trovato la moneta; se la comunità non ha pazienza di verificare e attendere la crescita e la piena maturazione (conversione) dei suoi membri, ma li espelle per indegnità o impenitenza, non avverrà mai che possa festeggiare la loro conversione, il loro ritorno o ingresso nel regno” (O. Da Spinetoli).

Queste parabole ci rivelano che noi siamo continuamente cercati da Dio. E’ Dio che “ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità” (Ef 1,4). E’ Dio che sta alla nostra porta e bussa (Ap 3,20): non ci resta che commuoverci di fronte alla sua misericordiosa Gratuità!

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