La parabola del Padre misericordioso o del Padre coraggioso

L'itinerario biblico proposto in questa rubrica prosegue con il brano di Luca 15,11-32, seconda parte   

Parole chiave: chiesa (665), bibbia (12), parola (9)
La parabola del Padre misericordioso o del Padre coraggioso

“Il padre commosso gli corse incontro” (Lc 15,20): per la cultura orientale un padre, o chiunque eserciti l’autorità, che si metta a correre perde la sua onorabilità (Sir 19,27; Pr 19,2). Inoltre “il figlio è un guardiano dei porci, è impuro. Ebbene, il padre gli si getta al collo lo stesso… Il padre accetta di prendersi la lordura, l’impurità del figlio, pur di trasmettergli la vita” (A. Maggi).

Il figlio comincia a recitare la formula di pentimento che aveva precedentemente elaborato, ma “il padre... non lo lascia finire..., impazzito di gioia: "Questo mio figlio era morto… ed è risuscitato! Era perduto… ed è stato ritrovato! Mio figlio! Mio figlio!" (R.Reviglio). “I Vangeli fanno capire che la cosa più inutile è chiedere perdono a Dio: mai Gesù invita i peccatori a chiedere perdono a Dio, perché Dio mai perdona, perché mai si sente offeso. Dio è amore e concede il suo amore a tutti, indipendentemente dalla loro condotta. Se è vero che mai Gesù invita a chiedere perdono a Dio, insistentemente invita gli uomini a chiedere perdono agli altri” (A. Maggi).     

Le azioni poi che il Padre compie verso il figlio prodigo ci lasciano davvero stupefatti. Il figlio dissoluto non solo viene immediatamente riammesso in casa, ma è anche subito reintegrato in tutti i diritti di prima, con un vero rito di investitura, attraverso tre simboli: la veste, segno di dignità, l’anello al dito, cioè il sigillo, con cui il figlio poteva compiere tutti gli atti giuridici e amministrativi (era la firma sul conto bancario, la carta di credito a valenza illimitata, era il libretto degli assegni), e i calzari, segno di adozione filiale (Dt 25,7-10). Il figliol prodigo è ora ufficialmente proclamato Signore, Padrone, e colui che darà una discendenza al padre. 

 E’ ben comprensibile la reazione del figlio maggiore, il quale vede il restante capitale ora ridiviso in due, e che a lui, sempre ligio al lavoro e all’obbedienza nella casa paterna, toccherà ormai solo un quarto dei beni che il padre aveva all’inizio. Il figlio maggiore si sente profondamente leso nei suoi diritti: se facesse ricorso a qualunque tribunale contro questa abnorme ripartizione ereditaria, vincerebbe certamente la causa. Ma la logica del Padre non è quella della giustizia umana: è quella dell’amore, del perdono incondizionato, della grazia assoluta.

Il Padre è modello di Amore anche verso il figlio perbenista e giustizialista: “Il padre allora uscì a pregarlo (parekàlei)” (Lc 15,28). Fa lui il primo passo, uscendogli incontro; inoltre egli, che non aveva fatto nessun discorso al figlio minore quando questi se ne voleva andare, ora supplica, scongiura il primogenito a recedere dal suo irrigidimento.

Luca non ci suggerisce nessun epilogo della storia. Forse perché vuole ricordare a tutti i suoi ascoltatori che ciascuno di noi può essere sia il figlio dissoluto e peccatore che il fratello giustizialista che non lascia spazio alla misericordia del Padre. Forse in ciascuno di noi ci sono tutte e due queste dimensioni.

“Il primo passo di ogni conversione è proprio il rivedere l’idea che ci facciamo di Dio: non è un controllore esoso e vendicativo, ma una casa accogliente dove si fa festa con musica e danze” (D. Pezzini). “Di prodigo, esagerato, qui c’è solo il Padre” (P. Curtaz).

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