"Credo nella remissione dei peccati"

Un percorso di esegesi biblica che ci aiuta a crescere come cristiani

Parole chiave: chiesa (665)
"Credo nella remissione dei peccati"

Il perdono, il massimo dei doni

Nel Simbolo apostolico proclamiamo: “Credo nella remissione dei peccati”. “Per-donare” è il verbo “donare” al superlativo. Poiché Dio è Amore, è dono gratuito, la massima espressione di Dio è il perdono (Sir 2,18). La sua capacità di perdonare ci manifesta quanto il Dio biblico sia straordinario, meraviglioso, sorprendente. E’ quindi indispensabile che sappiamo rottamare le false immagini di un Dio giudice pronto a punire, che ci portiamo dentro, spesso mutuate da speculazioni filosofiche, per aderire alla stupefacente novità del Dio della Bibbia.

Innanzitutto il Dio che Gesù ci rivela non è giusto: secondo il nostro concetto di giustizia, Dio infatti dovrebbe punire i peccatori: Dio invece mai castiga, ma sempre perdona, perché l’Amore “tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1 Cor 13,7). Il perdono non è ricomposizione in un ordine disturbato: con il perdono, Dio porta a termine il progetto creazionale, e ricrea l’uomo a sua “immagine e somiglianza” (Gen 1,26): e di questo dobbiamo avere certezza, qualunque sia stato il nostro percorso: “Qualunque cosa il nostro cuore ci rimproveri, Dio è più grande del nostro cuore” (1 Gv 3,20).  

Dio dimentica le nostre colpe

"Noi possiamo perdonare, ma non dimenticare; Dio invece, quando perdona i peccati, li dimentica” (E. Bianchi). Meraviglioso: la Scrittura dice che i nostri peccati vengono “gettati in fondo al mare” (Mi 7,19), che saranno “dissipati come nube e come nuvola” (Is 44,22), che diventeranno “bianchi come la neve e come la lana” (Is 1,18). Liberiamoci quindi da una visione pagana di un Dio che alla fine della vita ci chiederà conto delle nostre colpe: egli infatti, ci dice la Bibbia, le dimentica completamente (Ger 31,34; Is 25,7)! Egli ci vedrà tutti “santi e immacolati di fronte a lui” (Ef 1,4)!

 La parabola che racconta che coloro che hanno lavorato un’ora sola nella vigna del Signore hanno la stessa ricompensa di quelli che vi hanno faticato dodici ore (Mt 20,1-12), afferma che in Paradiso non ci sarà quindi meritocrazia: sarà una festa senza fine per tutti, senza distinzioni! La conclusione del brano sintetizza la logica di misericordia di Dio: “Così gli ultimi saranno i primi, e i primi ultimi” (Mt 20,16). Dio ci vuole tutti primi: il suo amore immenso non sopporta che qualcuno sia in seconda fila, che si senta meno realizzato, che abbia meno felicità, che rimpianga di non essere stato migliore.  

Dio non si offende mai: soffre per la nostra infelicità

Colpisce poi come Dio nella Scrittura non pretenda mai che l’uomo gli chieda perdono: chiede sì la conversione, cioè che l’uomo torni sulla via della propria realizzazione e felicità, ma mai che ci si scusi con lui. Il suo amore è tale che non si sente neanche offeso dai nostri peccati, come un padre o una madre che mai si sentono oltraggiati dagli sbagli dei figli, o un nonno dalle marachelle del nipotino, ma che piuttosto soffrono perché il figlio o il nipote hanno preso cattive strade, di infelicità e abiezione. Ecco perché, nella parabola del figlio prodigo, il Padre non vuole nemmeno sentire la tiritera di scuse che il figlio si è preparato, ma commosso subito esplode con lui nella gioia dell’abbraccio e ripristina totalmente e in sovrabbondanza la dignità che il figlio aveva perduto (Lc 15,11-32). Se Dio nella Bibbia non pretende mai che gli si chieda perdono, vuole però che sappiamo chiedere scusa ai fratelli, per riconciliarci con loro, come ogni Papà che anela che i figli vivano in pace tra di loro (Mt 6,10). La sofferenza di Dio, il suo dispiacere, è la nostra mancata beatitudine, e non l’affronto a lui arrecato. A tanto giunge la grandezza del suo Amore! 

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