Camminando ventiquattro ore insieme
Una esperienza che è la metafora della vita e del suo compimento

Questa è la parola che ha fatto da controcampo al Cammino di Marcella 24h/24 realizzato a Torino l'8 e il 9 ottobre. Un cammino di conoscenza, che ha saputo donare sollecitazioni importanti.
Ci siamo avvicinate a mondi lasciati spesso ai margini delle nostre vite e della nostra città: malati psichiatrici e migranti, senzatetto e nuovi poveri. Accolte dalla comunità di Sant'Antonio da Padova, che opera nel tessuto sociale torinese dagli anni '60, e dal Centro Sociale Askatasuna, uno spazio occupato da ormai 20 anni, dalla Comunità di Sant'Egidio, che interrompe le notti difficili degli homeless distribuendo bevande calde, e dai frati del Monte dei Cappuccini, che preparano panini per quanti bussano alla loro porta.
Ci hanno spiegato come negli ultimi anni si rivolgano ai loro servizi tante famiglie italiane che non riescono più a sostenere le spese della vita quotidiana. Ma per contro ci hanno raccontato tante generosità spicciole: il pasticciere che dona i dolci la domenica, la signora novantenne che non si dimentica mai di portare la teglia di focaccia da distribuire a chi ne ha bisogno, i cittadini che fanno dono di salumi e formaggi alle mense.
Tutti concordano sul fatto che a Torino non si muore di fame, bensì di mancanza di relazioni. Una mancanza che si traveste da morte per il troppo freddo. Freddo che sta arrivando e a cui non si riesce a ovviare per paura e pregiudizi. Paura perché sono tanti gli sfratti, talvolta senza un cuore a cercare di capire le ragioni di una morosità; paura perché nei dormitori vi può essere molta delinquenza, si può venire derubati del sacco a pelo e delle poche cose che ognuno porta con sé. Pregiudizi perché si pensa di poter essere vittime di chi è troppo avido e senza scrupoli, al punto da non accettare la possibilità di essere ospitati da coloro che aderiscono alla proposta della nostra giunta comunale "ospita un senzatetto".
E parlando con le tante realtà ci pare di percepire la mancanza di un coordinamento tra tutti coloro che agiscono per cambiare la situazione: manca una rete. Ed ecco che fa capolino la burocrazia a stroncare le buone volontà.
Il cammino poi ci ha portato altrove.
Allo spettacolo teatrale "Le voci di Prometeo", dell'associazione Arcobaleno, che ci ha fornito dati di orrori che pensavamo fossero ormai un ricordo finito nell'oblio degli inumani manicomi: invece scopriamo che la pratica senza dignità della contenzione meccanica fa ancora morti.
All'ascolto di alcuni racconti di migranti, raccolti nel libro "Il cibo in Valigia", ci ha avvicinato a sapori, che diventano saperi, lontani geograficamente, ma non empaticamente.
Alla Cohousing numero Zero di Porta Palazzo, dove ci hanno permesso di capire come si possano gestire i piccoli screzi di un condominio condividendo pasti, relazioni e, perché no, freschi aperitivi al rientro a casa dopo una giornata di lavoro. E ciò che abitualmente porta a insultarsi in un'assemblea di condominio, qui si affronta facendosi aiutare da mediatori preparati, che permettono di raggiungere un accordo pacifico.
E forse è proprio questa la strada: sforzarci di entrare in relazione con tutti e tutto, per rendere meno spinoso il nostro cammino.
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