Un Presidente per tutti gli italiani

Il discorso di insediamento del Presidente Sergio Mattarella è invito a pensare le modalità e gli scopi dell'esercizio dell'autorità.

Un Presidente per tutti gli italiani

Il neoeletto Presidente della Repubblica ha prestato oggi giuramento di fedeltà alla Repubblica e alla sua Costituzione. Così assume in maniera definitiva le responsabilità che l’elezione gli affida e inizia il suo servizio al Paese di cui ha tracciato le linee fondamentali nel discorso di insediamento tenuto alla Camera.

Il giudizio storico lo si stilerà fra sette anni. Ora è tempo di sperare che quanto detto e scritto (Messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Parlamento nel giorno del giuramento) si realizzi.

L’elezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica è stata una vicenda ricca di suggestioni. Fin da quando si vociferava delle possibili dimissioni del Presidente emerito Giorgio Napolitano, i negoziati politici (e le opinioni dei commentatori) si sono attivati per delineare il «profilo» del successore. Fra alterne prese di posizioni, i capisaldi erano che dovesse essere un cattolico, un uomo dal curriculm politico (non tecnico), riconosciuto dalle cancellerie estere. 

Usando il linguaggio della linguistica e della  narratologia, è stato delineato l’attante per poi identificare l’attore, cioè Sergio Mattarella. Il processo focalizza l’attenzione sul fatto che esistono dei ruoli, che devono svolgere delle funzioni, per i quali sono necessari dei requisiti, che portano ad identificare delle persone. Queste, a loro volta, eserciteranno quei requisiti, al fine di svolgere quelle funzioni, per i quali sono chiamati a quei ruoli. Tale è la personalizzazione del ruolo, che non significa tradimento delle funzioni. 

Poiché il Presidente della Repubblica è una carica dello Stato che esercita una funzione di autorità, richiamando la sua estrazione cattolica, pare non essere fuori luogo una citazione del Vangelo di Luca (cf. Lc 3,10-14). Quando il terzo evangelista presenta la figura e la predicazione del Battista che richiama a conversione, interpellato dai presenti («che cosa dobbiamo fare?»), il precursore indica per ciascuna categoria di persone un preciso percorso di vita realistico e possibile. Alle folle dice: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». Ai pubblicani: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Ai soldati: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Tre elementi accomunano queste indicazioni: giustizia, equità, esercizio – non abuso – del proprio ruolo.

Il Presidente Mattarella è oggi l’occasione. Ma il discorso si estende ad ogni persona che rivesta un ruolo che richieda di svolgere delle funzioni di governo e di autorità. Si tratti del Presidente della Repubblica o di un padre di famiglia; di un Vescovo o di un capo squadra; di un amministratore delegato o di un superiore di comunità religiosa. Sempre l'autorita deve essere esercitata secondo criteri di giustizia, equità, servizio del governo. Mancare di una di queste istanze significa passare dalla funzione all’abuso, dal sevizio al potere.

Il Presidente Mattarella ha lanciato il suo messaggio in proposito in quel passaggio del suo discorso in cui afferma che per rendere possibile il riavvicinamento degli italiani alle istituzioni è necessario «intendere la politica come servizio al bene comune, patrimonio di ognuno e di tutti». L’autorità è esercizio delle proprie funzioni come condizione di possibilità di una migliore vita di coloro che ad essa fanno riferimento. Concretamente: rendere possibile che i lavoratori lavorino serenamente; che  i figli crescano; che gli studenti imparino; che i subalterni si esprimano nella loro umanità e creatività; che le persone affidate all’autorità possano mantenere vivo il senso della propria dignità e percepiscano l’apprezzamento delle proprie competenze e potenzialità.

Auguriamo al Presidente Mattarella di essere il garante del corretto funzionamento delle istituzioni per una crescita della nostra società civile. Ci auguriamo che tutte le figure di autorità che conosciamo siano meno autoritarie e più autorevoli. Proponiamo che il processo sia replicato, prendendo in esame prima gli attanti e poi gli attori, valutando con attenzione competenze, abilità e curriculum delle persone.

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