Prigionieri del presente. Riflessione per l'inizio dell'Avvento

Dai discorsi di papa Francesco tenuti a Strasburgo il 25 novembre 2014 un appello a essere costruttori di futuro. Una necessità per i popoli e per le culture non meno che per ogni individuo.

Parole chiave: papa francesco (256), consiglio d'europa (3), parlamento europeo (1), avvento (4)
Prigionieri del presente. Riflessione per l'inizio dell'Avvento

Ognuno di noi ha bisogno di futuro. Senza futuro un uomo non vive: sopravvive. Non solo ogni singolo uomo, ma anche i popoli e le culture.

Dei lunghi interventi del Papa durante la visita al Parlamento europeo e al Consiglio d’Europa il 25 Novembre 2014 una delle chiavi di volta era proprio il tema del futuro. Nel Discorso al Parlamento europeo,  papa Francesco pone una domanda: «come ridare speranza al futuro, così che, a partire dalle giovani generazioni, si ritrovi la fiducia per perseguire il grande ideale di un’Europa unita e in pace, creativa e intraprendente, rispettosa dei diritti e consapevole dei propri doveri». A questa domanda risponde traendo spunto dall’affresco «La scuola di Atene» di Raffaello.

In essa vede rappresentata la tradizione culturale europea, capace di tenere insieme «cielo e terra», apertura al trascendente e capacità pratica e concreta. Anche nel Discorso al Consiglio d’Europa il Papa riprende il tema del futuro. Ricorrendo ad un’immagine di Clemente Rebora, un pioppo, Francesco descrive la tradizione culturale europea contraddistinta dal suo protendersi in alto, «verso mete nuove e ambiziose, animata da un insaziabile desiderio di conoscenza, di sviluppo, di progresso, di pace e di unità». Un albero, però, per poter crescere necessita di profonde radici. «Per camminare verso il futuro serve il passato, necessitano radici profonde, e serve anche il coraggio di non nascondersi davanti al presente e alle sue sfide. Servono memoria, coraggio, sana e umana utopia».

Papa Francesco ha tenuto questi discorsi pochi giorni prima dell’inizio dell’Avvento, il tempo liturgico il cui contenuto spirituale è proprio dato dall’intreccio, richiamo reciproco e reciproca implicazione di passato (l’avvento di Cristo nella carne), presente (la presenza del Cristo nella storia) e futuro (il ritorno del Cristo nella gloria).

Riscoprire il significato esistenziale del tempo sembra essere il punto di convergenza fra questi due eventi. Uomini, popoli e culture non vivono se sono derubati del futuro, perché in tal caso la vita si appiattisce sul presente, che senza prospettiva diventa triste coazione a ripetere del passato. È il futuro che dà consistenza al presente. Pur radicandosi entrambi nel passato, solo la proiezione nel futuro trasforma il passato da mero e inerte reperto museale in memoria efficace nel presente.

Le istituzioni pubbliche e religiose, i loro responsabili, le varie e composite classi dirigenti hanno questa possibilità: dischiudere o restringere un futuro alle persone che ad esse fanno riferimento. Si assume una grande responsabilità morale chi priva il proprio prossimo di una prospettiva, per esempio negandogli chiarezza sul suo futuro professionale, o precarizzandogli la vita con i contratti a tempo determinato, o chiudendogli le possibilità di sviluppo personale, o privandolo della valorizzazione e dell’apprezzamento delle proprie capacità.

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