Perché l’Africa non interessa

Lettera del direttore della rivista missionaria che prende spunto dall'appello di Padre Zanotelli 

Parole chiave: zanotelli (1), anataloni (1), africa (39), appello (14), consolata (10), missionari (23)
Perché l’Africa non interessa

Gentile Direttore,

mi sono letto e riletto l’accorato appello ai giornalisti italiani di padre Alex Zanottelli affinché si rompa il silenzio sull’Africa. Mentre scorrevo la sua lunga lista di «è inaccettabile», mi ci ritrovavo in pieno. Non solo, ma la lista si allungava nella mia testa in viaggio virtuale partendo dal Sud Africa, su su attraverso il Botswana, lo Zimbabwe, il Malawi e altri stati fino ad arrivare al Marocco.

Sono oltre 40 anni che mi occupo di comunicazione con lo scopo preciso di offrire ai lettori italiani un’informazione alternativa sull’Africa e altri continenti. Dire che è un lavoro facile sarebbe un eufemismo. Basti pensare alla fine che hanno fatto tante altre riviste - pur prestigiose - pubblicate dal mondo missionario. Di proposito non voglio dire «riviste missionarie» o «bollettini», perché questi termini non fanno giustizia a una informazione altamente specializzata e alternativa che per anni ha potuto godere - e ancora gode - di una rete unica di testimoni sul campo. Sfortunatamente l’etichetta «missionaria» fa sì che anche molti lettori simpatetici alla causa vedano queste pubblicazioni semplicemente come un sollecito a sganciare soldi per i «poveri africani» senza nemmeno provare a leggerne i contenuti che da tempo non hanno più niente a che fare con il paternalismo e il buonismo.

Quello che il mio confratello missionario e giornalista padre Alex scrive a proposito dell’Africa (e andrebbe detto anche di molte parti dell’Asia, dell’America latina e - perché no? - di certe aree dell’Europa e Nord America) è vero, anche se rischia di generalizzare. In realtà, guardando anche solo a Torino e Piemonte, si trovano pubblicazioni che sono molto sensibili all’Africa. A livello nazionale, dando per scontate riviste classiche come Nigrizia e Africa, il quotidiano Avvenire e TV2000 fanno un eccellente servizio. Riviste come Internazionale, Limes e National Geographic, solo per menzionarne alcune, hanno dell’ottimo materiale.

Il problema di fondo probabilmente è altrove, e non è solo colpa dei giornalisti che pur sono cause e vittime di un metodo ormai diffuso: quello di dare notizie più per la pancia che per la mente, più per l’emozione che per la vera conoscenza, più per la campagna elettorale che per la «politica», più per far da «contorno» alla pubblicità che essere il «primo piatto». È quello che succede sul tema dei migranti, dei quali si parla e scrive anche troppo, come se loro fossero la «malattia» da curare, mentre invece sono solo il sintomo di un male più profondo che coinvolge tutti noi, sono il segnale di allarme non il pericolo, le prime vittime non le cause di un disastro che incombe su tutti noi.

E questi mali sono (solo per fare qualche):un’economia sempre più ingiusta che favorisce una minoranza (l’1%) che si arricchisce alle (e sulle) spalle della stragrande maggioranza degli uomini e dà vita a nuove forme sofisticate di schiavitù (traffico di persone, trasferimento di unità produttive dove si possono sfruttare meglio i lavoratori, precariato, slums e bidonvilles, sistematico attacco alla famiglia e all’identità delle persone, creazione di città non più centrate su comunità, su «chiesa parrocchia/famiglia», ma sui centri commerciali e sportivi ecc.). Pensiamo poi al clima e all’ambiente stravolti da un dissennato uso delle risorse (con disastri ecologici e destabilizzazione politica attraverso i signori della guerra, le mafie e i trafficanti vari). E poi la logica della guerra (con vendita di armi alle stelle e guerre per procura) come presunta via alla pace e al bene-essere; infine l’individualismo esasperato fatto solo di diritti e pochi doveri col prevalere del «particolare» contro l’universale (e nascita dei vari populismi…).

Non so se un’ennesima campagna di raccolta firme possa portare a qualche risultato. Anche le raccolte di firme stanno - purtroppo - diventando una moda facile. Nella mia casella di posta elettronica ricevo almeno una proposta al giorno di firmare questo o quello…

Probabilmente occorre cominciare a partire da noi stessi, invece di voler cambiare a tutti i costi gli altri: facciamo scelte più oculate, sosteniamo e premiamo chi ci informa davvero e non chi gioca con le nostre emozioni, superiamo la logica del «mi piace/non mi piace» tipica dei social, non accettiamo di essere chiusi, isolati, ghettizzati e strumentalizzati, usiamo la nostra testa e diamo spazio a chi ci fa pensare, ci documenta, approfondisce i problemi.

Onestamente non sono convinto che le grandi reti di comunicazione siano davvero interessate ad offrirci notizie «che vendono poco» come quelle nella lunga lista di padre Alex. Bisognerebbe poter dimostrare loro che informare meglio sull’Africa rende di più che dar spazio alle «tirate» dei politici di turno o agli ingaggi scandalosi di certi calciatori. Impresa impossibile?

Forse. Personalmente credo che ci siano tante persona interessate ad un’informazione più critica, documentata e approfondita, e per questo continuo a pubblicare una rivista che si ostina a raccontare con amore e serietà di Africa, di America (latina e non), di Asia e d’Europa.

* direttore della rivista Missioni Consolata

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