Nelle ultime elezioni è l'astensionismo il vincitore

Votare per raggiungere un desiderio comune, dal 2001 al 2016 in Italia sono 1,138 milioni gli elettori che non si sono recati alle urne

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Nelle ultime elezioni è l'astensionismo il vincitore

Se votare è un diritto di tutti, anche non votare lo è. Ma in un paese fondato sulla democrazia come l’Italia, esercitare il diritto di non votare rappresenta un grosso problema ed un preoccupante ostacolo alla base stessa del regime democratico. È questo il riscontro non poi così tanto imprevedibile emerso dalle elezioni amministrative 2016. Un problema già sormontato negli scorsi anni, come osserva il Censis: nei sette principali comuni coinvolti , dal 2001 al 2016 si sono persi complessivamente 1,138 milioni di elettori. «L’astensionismo – sostiene Franco Miano, coordinatore di Ratinopera – esprime la distanza dei cittadini dalla politica. È un fenomeno molto preoccupante perché per la vita democratica la partecipazione è un dato sostanziale, non formale, e il voto è un elemento decisivo della partecipazione. Occorre un impegno collettivo sui temi della formazione e dell’informazione, altrimenti temo proprio che l’astensionismo continuerà a crescere». E non è l’unico a esprimere questa preoccupazione: «è  come se per un consumatore al mercato il problema non fosse ‘cosa compro?’ ma non avere il desiderio di comprare. Buona o cattiva che sia, la politica viene percepita come inutile perché incapace di risolvere o almeno attenuare i problemi. Manca una grande riflessione popolare sul ruolo della politica oggi ed è quello che si deve cercare di attivare”.» spiega Roberto Rossini, presidente delle Acli, Associazioni Cristiane Lavoratori italiani.

Ed è proprio su questo disinteresse, o forse per così meglio dire scontento generale, che si inserisce il fenomeno 5stelle a Torino e a Roma. «Gli elettori italiani chiedono gente nuova e competente – continua Rossini – e i 5stelle avevano il vantaggio di essere nuovi. I cittadini sono in costante ricerca del nuovo, che porta con sé la speranza di un cambiamento.»

Un cambiamento, un’innovazione che deve ripartire dalle periferie: come sostiene Carlo Costalli, presidente del movimento cristiano lavoratori «Bisogna tornare a parlare con la gente, riattivare i meccanismi di partecipazione, valorizzare il ruolo dei corpi intermedi» e « Dobbiamo aiutare la nostra società e anche la nostra Chiesa a elaborare la propria iniziativa a partire dal punto di vista di tutte le varie periferie del nostro tempo. E’ un cambiamento di prospettiva, un modo diverso di vedere la società.» conclude Matteo Truffelli, presidente dell’azione cattolica italiana.

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