Loro siamo noi

Le parole del Papa a Lesbo, i segni di speranza, la condizione disumana che ci riguarda tutti

Parole chiave: migranti (82), cristiani (70), emergenza (28), povertà (47)
Loro siamo noi

Da Lesbo al mare Mediterraneo, uomini, donne e bambini, muoiono o riescono a trovare la salvezza sulle nostre coste europee. Sono in fuga da guerre e violenza, dalle persecuzioni, dall’indigenza assoluta. Per loro è impossibile continuare vivere nelle loro città e campagne. Tutto si consuma sotto i nostri occhi spesso distratti e indifferenti e si moltiplicano le disuguaglianze  originate dalle «strutture di peccato» descritte da Giovanni Paolo II nella «Sollecitudo Rei Socialis». Questo è il mondo in cui viviamo. Ed è il mondo di tutti non solo il nostro.

Quale merito abbiamo in più dei fratelli che muoiono in o stentano a sopravvivere? Nel fondo della coscienza collettiva e individuale, di un mondo ricco, sazio e impaurito c’è sempre l’atteggiamento della giustificazione: sono gli altri che devono cambiare: i politici, le istituzioni, gli organismi internazionali, nazionali, locali l’economia. E’ colpa della società, malata e priva di valori. Non partiamo mai da noi. Non inizio mai da me stesso.

Il travaglio interiore, che dovrebbe insinuarsi come uno spirito benevolo è lo stato di un animo davvero privo di prospettiva. L’aria del tempo odierno è un misto di rassegnazione e sfiducia. Perché anche nel nostro mondo evoluto e benestante i giovani non hanno futuro mentre i loro genitori rischiano di non poter  raggiungere una dignitosa pensione. Il mondo spinge, travolge, muta e noi continuiamo a sognare il passato, l’età dell’oro e della prosperità, gli improbabili paradisi artificiali di beni e consumo, spesso ottenuti grazie allo sfruttamento di altri fratelli. «Rifugiati, perdonate la chiusura delle nostre società»  ha detto papa Francesco nel suo video messaggio all’indomani della visita in Grecia». 

Siamo giunti a un'età in cui la speranza di «cambiare il mondo» è piuttosto affievolita, e soprattutto ci si accorge di aver usato una montagna di risorse ed energie a perseguire ideali anche buoni, addirittura doverosi, ma che non hanno colmato il desiderio di bene che ci abita. Il tempo e lo spazio per compiere un atto davvero decisivo, dovrebbe contenere veramente una scelta per la vita oltre se stessi. In questi tre anni di papato Francesco sta insegnando una cosa semplice: il vangelo va annunciato e vissuto nelle opere di carità. Amare Dio, i fratelli è il fondamento dell’esistenza. Cambiare atteggiamento, convertirsi, costruire prassi di bene.

Il sentiero da percorrere è alla luce della Verità e della giustizia, la dignità e la pace, perché non siano  parole vuote. Lasciamo retorica e populismi nelle piazze reali e virtuali proponendo un nuovo stile di vita. Si deve cambiare per non perire, si dovrà cambiare tutto o quasi per vivere. Non si inseguono utopie ma, consapevoli dei limiti umani, sia la spera cristiana a guidarci per un avvenire migliore che parte già dal qui e ora.

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