L'importanza delle mani

Una riflessione tra musica, arte e fantasia

Parole chiave: mani (12), chiara (4), musica (25), arte (26)
L'importanza delle mani

Ogni tanto, nella mia vita, ricevo il dono di poter fare qualcosa di buono; e ritengo che, per quanto è possibile, sia meglio non dare troppa pubblicità alla cosa. Tranne, secondo me, quando parlarne forse può aiutare le persone che mi leggono a meravigliarsi della grandezza della vita, e forse a renderne grazie a Colui che l'ha creata.

Nei giorni scorsi, ho avuto il privilegio di tenere un concerto in un reparto di oncologia di un grande ospedale italiano. L'iniziativa fa parte del progetto "Donatori di musica ", che da anni organizza vere e proprie stagioni di concerti, tenuti da professionisti e concertisti fra i migliori d'Italia, per condividere un po' di bellezza, speranza e serenità in luoghi in cui la vita sembra mostrarsi con il suo volto più duro. Innumerevoli sono le esperienze forti e toccanti che ho vissuto grazie a "Donatori"; tanti volti, storie e persone che mi sono rimasti impressi nel cuore. Medici straordinari, la cui competenza professionale si sposa ad un'umanità ricchissima, sorridente, generosa e disponibile; infermiere che fanno a gara per allestire rinfreschi luculliani post-concerto; e soprattutto pazienti nei cui occhi leggi speranza, paura, sofferenza, ma anche tanta voglia di vivere e di assaporare ogni momento bello.
Come mi spiegava uno degli iniziatori di "Donatori di musica", in un momento della vita delle persone in cui il passato, la quotidianità abituale, sembra lontano anni luce, e il futuro si presenta pieno di punti interrogativi, la musica, arte del presente, è la più adatta a dare forma alle emozioni ed ai pensieri.

Per questo motivo, talora gli ascoltatori di questo pubblico "speciale" sono fra i più sensibili e percettivi che abbia incontrato, molto più che i pubblici cosiddetti "preparati" delle grandi sale da concerto. L'altro giorno ho suonato gli Improvvisi di Schubert, brani che amo tantissimo e che suono da tempo per me immemorabile: volevo condividere con loro una delle musiche che mi sono più care.

Alla fine, uno dei pazienti, davanti a tutti, salta su: "Posso dirle una cosa? Questo concerto è stato come se lei avesse fatto una passeggiata con il suo pianoforte". Sono rimasta di sale: tutta l'estetica del Viandante schubertiano, su cui io stessa ho scritto pagine e pagine, è stata colta senza alcuna preparazione previa da una persona che ha ascoltato con il cuore. Alla faccia della "asemanticità della musica". La musica è stata davvero linguaggio simbolico del cuore, per questa persona: una persona che forse ha un bisogno immenso di quella "passeggiata", intravedendo la bellezza della natura e della vita "normale" al di fuori delle grandi e luminose vetrate di oncologia, che certo portano un po' di incanto anche dentro, ma creano anche una nostalgia immensa.

In questa passeggiata musicale, che ho avuto il privilegio di poter fare con i pazienti, le mie mani hanno dato voce all'incanto delle melodie schubertiane ed al camminare affaticato ma coraggioso del Viandante; e, mentre io suonavo, una macchina fotografica indiscreta ma provvidenziale ha colto l'intrecciarsi delle mani del paziente che mi ha detto quelle frasi con quelle di sua moglie. Una mano che esce dai polsini del pigiama, incorniciata dal braccialetto col codice a barre: pigiama e codice a barre che sembrano quasi frustrare l'umanità del paziente, ridurlo ad "altro" rispetto alla persona vestita normalmente, ridurlo a numero.

Ma questa mano si stringe forte a quella della sua compagna di vita, condividendo, solo con il suo esserci ed il loro accarezzarsi, emozioni alle quali non si può e non si riesce a dare voce: paure, speranze, angosce, ricordi che non trovano parole. Forse trovano un po' di musica, forse trovano la tenerezza di una carezza. E la fedeltà "nel bene e nel male" diventa cammino, anche se duro, da compiere insieme. In compagnia, per qualche minuto, di un pianoforte che passeggia.

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