Ius soli, perchè parlano gli scout

Lettere al Giornale del responsabile regionale Agesci Piemonte

Parole chiave: ius soli (5), chiesa (665), società (56), italia (221)
Ius soli, perchè parlano gli scout

Gentile Direttore,

sono contento che abbia ricevuto attenzione nel suo giornale l’appello lanciato dalla Comunità Capi del Gruppo Agesci Torino 55 per il riconoscimento della cittadinanza italiana a bambini e ragazzi stranieri, quindi per l’approvazione del cosiddetto «Ius Soli».

La spontanea iniziativa degli educatori scout di Mirafiori Sud a Torino è insieme credibile, concreta e coraggiosa. Credibile e concreta in quanto non è mossa da interessi particolari (tantomeno da logiche elettorali, rispetto a questo o quel partito), ma deriva dall’opera educativa che i capi scout del Gruppo svolgono da anni nel proprio territorio. Davide, Roberto, Giorgia, e tanti altri, tutte le settimane esprimono una cura tangibile per la crescita dei bambini e dei ragazzi indifferentemente dalle loro origini, insegnando a tutti ad essere buoni cittadini, a lavorare in gruppo, a migliorare se stessi ed il mondo. Non sono bei discorsi, ma azioni che richiedono fatica e sacrifici.

Il loro appello è anche coraggioso, perché la Comunità Capi si esprime su un tema caldo e divisivo, pronta a ricevere apprezzamenti insieme a feroci critiche, magari dettate da ignoranza e paura verso gli immigrati e verso nuove forme di cittadinanza. L’Agesci è unita per il bene di tutti i minori che vivono nel nostro Paese, inclusi i figli di famiglie straniere, che in diversi Gruppi trovano accoglienza, spesso anche se di confessione o religione non cattolica, con attenzioni progettate dalla comunità educante.

Proprio l’accoglienza, in diverse declinazioni (per esempio guardando anche alla disabilità), è una delle tre Strategie nazionali d’Intervento che l’Associazione si è data in questo periodo storico. L’iniziativa del Torino 55 è quindi coerente con essa e con il Patto Associativo dei Capi fondato su tre scelte, scout, cristiana e politica, interdipendenti tra loro. Siamo chiamati come educatori in Agesci «a promuovere la cultura, le politiche ed i comportamenti volti a tutelare i diritti dell’infanzia» e abbiamo «la responsabilità di dare voce a chi non ha voce e di intervenire su tematiche educative e politiche giovanili sia con giudizi pubblici che con azioni concrete».

Il servizio diffuso dei Gruppi è espressione primaria del nostro impegno: iniziative particolari, interventi pubblici, adesioni a campagne (come «L’Italia sono anch’io») possono arricchirlo e richiamare altri a ciò che ci sta a cuore, al bene dei più piccoli.

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