Fine vita, le altre domande da farci

L'intervento della presidente dell'ospedale Bambin Gesù di Roma e presidente della Fondazione Operti sul tema in discussione in Parlamento

Parole chiave: vita (45), dat (7), testamento biologico (5), fine vita (6), eutanasia (10), malattia (19)
Fine vita, le altre domande da farci

Il disegno di legge sulle disposizioni di fine vita (Dat), contestato da un gruppo di parlamentari cattolici per l’introduzione di pratiche  assimilabili all’eutanasia, è stato approvato dalla Camera dei Deputati il 21 aprile. L’esame passa al Senato. Sui temi del fine vita pubblichiamo una riflessione di Mariella Enoc, presidente dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma, presidente della Fondazione Mario Operti e già procuratore speciale del Cottolengo di Torino.

Non possiamo mai lasciar sola una persona malata, sofferente e fragile: molte sue scelte dipendono dalla mancanza di speranza e da troppa solitudine. Se oggi appaiono in grave aumento i tentativi di suicidio da parte degli adolescenti, occorre proprio riflettere sulla solitudine: nel 2016 all' Ospedale Bambino Gesù sono stati ricoverati più di settanta adolescenti, tutte persone che i medici e il personale devono recuperare alla vita, al desiderio della vita, così come occorre fare con tanti anziani che chiedono soltanto di morire per non essere un peso alla famiglia e alla società .

Noi cattolici dove siamo? Ci siamo fino ad oggi occupati di produrre serie leggi su un nuovo welfare? Cosa chiediamo allo Stato per tante famiglie distrutte dall’assistenza ai malati psichiatrici che devono tenere a casa? Sono queste, a mio giudizio, le prime domande che dovrebbero porsi molte strutture sanitarie cattoliche quando non riescono a rispondere alle nuove povertà di salute: i fondatori di queste strutture amavano profondamente l'uomo e con l'amore, la tenerezza, la cura facevano loro capire che la vita va vissuta e che non sarai mai lasciato solo.

Non vorrei che oggi riscoprissimo i nostri valori di cattolici solo perché il Parlamento sta approvando una legge che non condividiamo; prima dove eravamo? Quanto investiamo in ricerca perché tante malattie possano essere, se ancora non guarite, almeno curate così da diventare più sopportabili?  Desidero interrogarmi su queste domande e, come ha detto recentemente Papa Francesco, essere prima uomo e poi cattolico.

Di fronte al dibattito sulle disposizioni di fine vita non mi voglio chiamare fuori, ma il mio pensiero vorrebbe superare l'ideologia e la logica dei valori non negoziabili per mettere veramente al centro l'uomo: i bambini siriani uccisi dai mercanti di armi; i bambini che il Papa ha visto a Bangui e che subito ha chiesto di aiutare e nutrire, mettendo anche a disposizione risorse economiche; gli handicappati che non possono uscire di casa; gli anziani che non riescono a nutrirsi a sufficienza. Credo che quando ci impegneremo anche in queste battaglie, allora saremo veramente credibili e nessuno ci potrà accusare di non essere attenti alle sofferenze del fine vita.

Io credo molto nella formazione delle coscienze e sono contenta che nel testo di  legge sul fine vita sia stata inserita l'obiezione di coscienza per i medici: non possono essere soggetti passivi.

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