Di doppia fila si può morire

Il diffuso malcostume nelle nostre città può avere conseguenze molto gravi. Solo il riscatto etico generale può esserne contromisura.

Parole chiave: rione sanità (1), responsabilità (4), etica (11)
Di doppia fila si può morire

Il 30 dicembre dell’ormai anno scorso un uomo di cinquant'anni, colto da malore in casa sua, è morto senza ricevere soccorso dai medici che non sono giunti in tempo.

Un caso di malasanità? No: un caso di inciviltà. L’ambulanza, infatti, è rimasta bloccata negli stretti vicoli di Rione Sanità, a Napoli. Le auto parcheggiate in malo modo hanno ostacolato la tempestività dell’intervento e così l’equipaggio del mezzo di soccorso null’altro ha potuto fare che constatare il decesso.

È bene specificare che è impossibile dire se il paziente si sarebbe potuto salvare nel caso non si fosse verificato il ritardo. Tuttavia, ciò che è certo è che una persona è deceduta senza aver ricevuto l’assistenza che il nostro sistema di tutele sociali e sanitarie normalmente prevede. E questo per delle auto in doppia fila.

Il fatto ha attirato l’attenzione perché è macroscopico: questa volta c’è «scappato il morto». Se non si fosse giunti a conseguenze così gravi, forse, non avrebbe fatto notizia, come non fanno notizia – purtroppo – i diffusi casi di malcostume italiano in materia di convivenza civile.

Rimanendo in ambito stradale, non fanno notizia le auto parcheggiate in doppia fila che bloccano il traffico davanti alle scuole nei tempi di entrata e uscita degli scolari, arrecando disagio e ingorghi spesso anche pericolosi. Non fanno notizia le auto in doppia fila davanti ai bar che costringono ad ardite manovre di cambio di corsia. Non fanno notizia le telefonate al cellulare senza auricolare o vivavoce. Non fanno notizia i messaggi letti e scritti guidando. Non fanno notizia le auto parcheggiate sui marciapiedi che ostacolano il passaggio dei pedoni e, soprattutto, impediscono la marcia ai disabili.

Finché non «ci scappa il morto». Solo allora fanno notizia. Senza però cambiare il costume.

Che le leggi in Italia abbiano valore solo come indicazioni di principio senza alcun valore vincolante è noto. Da noi aumentano solo i testi di legge e le sanzioni. Tendenzialmente non verranno rispettati i primi né applicate le seconde, se non saltuariamente. E ciò conduce, come corollario del senso di impunità, all'imporsi delle sopraffazioni dei furbi, alla diffusa percezione di ingiustizia, all’aumento della tensione e della conflittualità sociale. Tutto è tollerato e ignorato, fino a quando «non ci scappa il morto». A quel punto il fatto ottiene cinque minuti di notorietà e di indignazione, senza cambiare mai nulla.

Nessun timore di una eventuale sanzione potrà mai sostituire il fondamento di ogni comportamento rispettoso delle leggi (scritte, consuetudinarie, di buon senso): il senso etico.

Ogni nostra azione produce delle conseguenze e degli effetti. Non si può normare tutto: solo l’assunzione del principio di responsabilità da parte di ciascuno può creare una base di una convivenza rispettosa e pacificata. Principio che va declinato fin nei minimi dettagli del nostro quotidiano. Non dovrebbe essere necessario aspettare che «ci scappi il morto» per renderci conto che siamo tutti interconnessi e che poco basta per sfregiare l’ordito del nostro tessuto civile e sociale.

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