Tra spie e guerre sotterranee

Kate è un'agente FBI, giovane carina e ben addestrata, che viene arruolata da un funzionario governativo in una squadra speciale per la lotta alla droga, in questa storia ai boss messicani della droga, quelli potenti spietati e ricchi che dominano al confine con gli Stati Uniti e non sono estranei al traffico degli immigrati.

Questo, in breve, è il tema di “Sicario” diretto da Denis Villeneuve, un film che affronta temi difficili e particolarmente delicati, ovvero il confine tra legale e illegale, tra l'agire secondo giustizia e le azioni criminali e quindi cosa può fare e cosa non potrebbe fare  il rappresentante delle forze dell'ordine per vincere la battaglia contro i delinquenti.

Nel film il capo della squadra speciale è un agente Cia, con lui agisce un mercenario, quello che fa gran parte del “lavoro sporco”, pare obbediscano a ordini superiori e uccidono, torturano, agiscono senza scrupoli. La malcapitata Kate prova a reagire ma viene subito messa a tacere e, suo malgrado, usata come esca per fare uscire allo scoperto un perverso poliziotto al soldo dei narcotrafficanti.

Tutto sottolineato da continue sparatorie, in ambienti polverosi e squallidi, talvolta assolati in cui pare si muova soltanto gente silenziosa e rassegnata alla prepotenza: in altre parole chi vuol campare distoglie lo sguardo e bada soltanto ai fatti suoi.

E, ancora, tutto accade in nome dell'ordine da ripristinare a qualunque costo. Tuttavia si tratta di un ordine, pare suggerire il film, che probabilmente avrà breve durata,

Il film si regge soprattutto sull'ottima interpretazione di Josh Brolin (l'agente CIA), Benicio Del Toro (il mercenario con tragico segreto alle spalle) ed Emily Blunt (Kate agente FBI) che si dibatte tra rabbia e presunta ingenuità. Un film di maniera e confuso che lascia l'impressione di superficialità, di occasione perduta.