Prigioniero dell'avidità

UN TIRCHIO QUASI PERFETTO                      (Francia, 2016)

Regia: Fred Cavayé con Dany Boon, Laurence Arné, Noémie Schmidt

Parole chiave: cinefili (1), recensione (32), film (67), valperga (15)
Prigioniero dell'avidità

“Un tirchio quasi perfetto”, regia di Fred Cavayé, è una commediola francese semplice e quasi banale, in quanto decisamente prevedibile tanto che qualunque spettatore minimamente smaliziato può immaginarsi come andrà a finire.

Per questi motivi, forse, qualcuno ne ha addirittura sconsigliato la visione, probabilmente dopo una valutazione superficiale.

Infatti il film, che in Francia ha registrato più di due milioni e settecentomila spettatori, è facile da capire, non lascia dubbi, l'agire del protagonista, a volte grottesco, pone in evidenza la negatività detestabile dell'avarizia che, secondo teorie accreditate, può essere considerata una patologia, una infausta malattia mentale. 

A questo proposito è bene sottolineare, per chi l'avesse scordato o non lo sapesse, che l'avarizia è uno dei sette vizi capitali, un peccato. Dunque ben venga un film che sa pure far sorridere, essere una satira dell'avaro, che vive male e fa vivere male il suo prossimo, diventa vittima di se stesso, prigioniero dell'avidità.

Da non dimenticare che la regia è inappuntabile e il protagonista Dany Boon è bravissimo, affiancato dalle altrettanto brave Noémie Schmidt e Laurence Arné. Francois Gautier è un violinista, il primo violino della sua orchestra, ottimo musicista che sicuramente guadagna bene, però non si gode nulla e vive di privazioni ed espedienti, è avarissimo, un egoista stratosferico che non regala neppure un centesimo in carità perché è ossessionato dal denaro, il suo adorato denaro che deve restare protetto e intoccabile nel cospicuo conto in banca.

Ovviamente tutti lo detestano, lo odiano, lo disprezzano: dai colleghi ai vicini di casa.

Un giorno però entra improvvisamente nella sua vita una figlia che non sapeva di avere, frutto di un rapporto casuale consumato con precauzioni scadute da tempo e inutili.  La ragazza, cresciuta con il mito del padre, ha creduto sin da bimba che lui fosse un benefattore generosissimo e superimpegnato, capace di privarsi del necessario per mantenere un collegio di poveri orfani messicani.

Tuttavia Laura non tarda a rendersi conto che il genitore è un essere abbietto, un tirchio inguaribile e bugiardo.

Ma proprio a questo punto, di solito in tante favole c'è un ma dal profumo gentile, tra disavventure e delusioni, arrivano i sentimenti veri e importanti a conquistare il violinista.   Da vedere in serenità.

 

                                                      

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