Occhi al Cielo, molto più di uno spettacolo

Grande successo per la rappresentazione teatrale del progetto curato da Sante Altizio

Parole chiave: occhi al cielo (1), sit com (2), teatro (14)
L'attore Stefano Dell'Accio

Perché i preti alzano gli occhi al cielo? Uno spettacolo teatrale ha cercato di offrire degli spunti di riflessione, con battute leggere e con monologhi intensi, lo scorso 6 novembre al Teatro Massaia. “Occhi al cielo” è uno spettacolo strano: è nato sul web nel 2012 nella forma di una webserie piena di personaggi stralunati e coinvolgenti. La si trova ancora su Youtube nel canale Occhi Al Cielo - citofonare parrocchia. Ora è diventato un monologo teatrale nel quale il protagonista, don Paolo, racconta al pubblico la storia della sua vocazione, osservando insieme a loro alcune puntate della webserie.

Don Paolo svolge il suo servizio in una parrocchia che a Torino non esiste: San Giuseppe Lavoratore. Eppure le storie che la animano sì. Le hanno vissute almeno una volta tutti coloro che sono transitati in un ufficiale parrocchiale, fosse anche per pochi minuti.

A dire il vero, anche don Paolo non esiste. Eppure uno degli spettatori, un prete suo coetaneo, l’ha sentito vicino alla sua esperienza: «Questo racconto teatrale mi ha fatto fare un po’ memoria delle motivazioni che spingono ogni giorno il mio essere prete nella Chiesa. Il primo motivo è stata la capacità di raccontare alcune motivazioni che possono spingere un ragazzo a decidere di entrare in seminario e le reazioni delle persone che lo circondano. Il secondo è quello di presentare la figura di un prete “normale” che vive la propria vocazione nell’ordinarietà della vita e sente di essere un corpo unico con altri preti che, per situazioni di vita e incarichi, si trovano in prima linea nella lotta contro il male, per la giustizia e per far conoscere la bellezza di essere discepoli di Gesù».

Qui una delle particolarità dello spettacolo: nonostante vi sia un unico attore in scena, Stefano dell’Accio, appaiono altri personaggi, attraverso una collezione di scritti che scuotono la coscienza di don Paolo e degli spettatori. Tonino Bello, Luigi Ciotti, Primo Mazzolari, Oscar R. Romero, un quartetto d’assi del cattolicesimo impegnato che è stato in grado di cambiare l’atmosfera dello spettacolo: «la versione teatrale, è più “seria” della webserie, se così possiamo permetterci di dire: si parla molto della Chiesa, si sorride e si riflette. Soprattutto fa riflettere. Ecco la fotografia di don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, accompagnata dalla domanda del giovane Paolino: ma perché un prete è costretto ad avere la scorta? Bella domanda. Ora ci vorrebbe una bella risposta» (Cristiano Tassinari).

Una scommessa non da poco, quella proposta dal regista Sante Altizio e dagli sceneggiatori Bruno Furnari e Gigi Saronni, mettere insieme un discorso divertente e dei testi impegnati. E allora chi scrive, che pure ha collaborato un poco alla costruzione dello spettacolo, è stata curiosa di chiedere le opinioni degli spettatori per capire se è stata vinta o no.

«Mi è piaciuta l’umanità di don Paolo, che mi ha fatto ricordare un mio amico prete. E poi mi è piaciuto poter sorridere e riflettere allo stesso tempo… troppo bello tenere insieme Jesus Christ Superstar con don Primo Mazzolari e tutti gli altri testimoni», dice Anna Carla. « Mi è piaciuta l’alternanza tra monologo e parte video, che ha senza dubbio facilitato il messaggio e ha aiutato a contestualizzare la storia, specie a favore degli spettatori che già non la conoscevano», scrive Aldo. «Un appassionato spaccato di vita di una generazione.... un "one man show" che in modo lieve ha fatto riflettere, ridere e commuovere» aggiunge Giuseppe.

Eppure il commento più bello è negli occhi di quella giovane studentessa che ci viene a salutare e ci ringrazia, perché don Paolo le ha ridato le motivazioni per continuare il suo impegno ecclesiale. Anche a lei.

E noi alziamo gli occhi al cielo, sorridiamo e ringraziamo.

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