«Il giovane favoloso», storia di un'anima

A colloquio con Mario Martone, direttore del Teatro Stabile di Torino e regista del film sul poeta di Recanati: lunghe file di spettatori al cinema, un incasso, finora, di quasi tre milioni di euro

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«Il giovane favoloso», storia di un'anima

«E’ il desiderio di riappropriarsi di una voce così importante del nostro patrimonio culturale, per tante ragioni sottratta ad un giusto riconoscimento». Mario Martone spiega così il successo che sta avendo in tutta Italia «Il giovane favoloso». Il film su Giacomo Leopardi, uscito a mani vuote dalla Mostra di Venezia (dov’era sceso in concorso lo scorso settembre), è stato ripagato, appena sbarcato sugli schermi, il 16 ottobre, da un ampio, rassicurante abbraccio del pubblico.

Un pubblico accorso in massa nelle sale, a Torino come nel resto d’Italia, per mettere a confronto una delle figure più affascinanti e complesse della nostra letteratura (ma al contempo più incompresa e trascurata dagli studenti di ieri e di oggi) con una trasposizione filmica tanto attesa dopo i positivi riverberi veneziani quanto, sulla carta, rischiosa. «Per me è una grande soddisfazione, sono molto contento, ovviamente, di questo risultato», dice il regista napoletano, «anche se ho sempre pensato che questo film avrebbe incontrato un pubblico».

Quali differenze con il lungometraggio precedente, «Noi credevamo», anch'esso di ambientazione storica? «Non si tratta, in questo caso, di un film prettamente storico. E’ la storia di un’anima, per dirla proprio con Leopardi, che aveva immaginato ad un certo punto di comporre una sua autobiografia, aveva scritto i primi passi e l’aveva intitolata in questo modo…». Tutti sono concordi nel riconoscere ad Elio Germano, ne «Il giovane favoloso», il valore di una prestazione attoriale eccellente... «Devo dire innanzitutto che Elio Germano è un grande attore. Pensarlo nei panni di Leopardi per me è stato naturale, abbiamo scritto la sceneggiatura sapendo che lui sarebbe stato il protagonista del film, altrimenti non ci saremmo nemmeno cimentati. Ovvio, di conseguenza, che su di lui si accentravano le potenzialità di successo de "Il giovane favoloso"».

Leggi l'intervista completa su Il nostro tempo di domenica 02 novembre 2014

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