La famiglia oggi: scommessa vincente

In preparazione del Sinodo ordinario di ottobre sulla Famiglia, il nuovo questionario e le idee. Prosegue la riflessione sul tema 

Parole chiave: famiglia (86), sinodo (46), società (56)
La famiglia oggi: scommessa vincente

L’investimento della Chiesa sulla famiglia sta raggiungendo uno dei suoi momenti più significativi nel Sinodo che si svolgerà a Roma dal 4 al 25 ottobre 2015. In quell’occasione la Chiesa s’interrogherà su «La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo».

La posta in gioco è altissima, ne evidenziamo almeno tre aspetti.

1.                                       La Chiesa scommette sulla famiglia come antidoto alla spersonalizzazione e alla tentazione dell’individualismo esasperato che attraversa il nostro tempo. È questa una possibile chiave di lettura del documento finale prodotto dal Sinodo Straordinario dello scorso autunno. Alla sfiducia verso l’altro e quindi alla paura a uscire da sé, corrisponde l’auspicio che nella famiglia l’uomo contemporaneo ritrovi il senso della relazione, e che questo contagi le nostre società. Per questa ragione vengono coinvolte tutte le famiglie che siano portatrici dei più alti valori della reciprocità autentica. Tutte, comprese quelle situazioni familiari non contemplate dal diritto canonico (quelle che, con un’espressione non proprio felice, vengono dette situazioni irregolari). Se è vero, infatti, che nel sacramento del matrimonio si costituisce il senso compiuto della relazione di coppia, e questo resta il riferimento imprescindibile, il Sinodo ci avverte che vi sono situazioni, anche al di fuori dello stesso sacramento, che portano in se stesse i segni della presenza del progetto di Dio sull’umanità (Relatio Sinodi n. 22 e seguenti). Si tratta di valorizzare queste «risorse» affinché nessuno si senta escluso da quella famiglia che è la Chiesa, ma non solo; anche per raccogliere i contributi fecondi di tali situazioni. In particolare di chi ha trovato in esse refrigerio dalle ferite provocate da precedenti esperienze coniugali.

2. Ma quella del Sinodo è anche un «banco di prova» della maturità della Chiesa, sia in riferimento alla sua sinodalità, sia rispetto alla sua natura missionaria. Quanto alla sinodalità un fremito ci attraversa al pensiero che tutti i soggetti adulti della comunità cristiana, in ogni parte del mondo, sono invitati a partecipare in forma attiva, attraverso le risposte alle 46 domande contenute nel questionario, a questo momento di discernimento. Il seme fecondo del Concilio Vaticano II sta mostrando i suoi effetti. Non per nulla papa Francesco, nel discorso tenuto al termine del Sinodo, ha invocato «la bellezza e la forza del sensus fidei»: «quel senso soprannaturale della fede, che viene donato dallo Spirito Santo affinché, insieme, possiamo tutti entrare nel cuore del Vangelo e imparare a seguire Gesù nella nostra vita» e in forza del quale, quando la Chiesa, nella varietà dei suoi carismi, cum Petro et sub Petro, «si esprime in comunione, non può sbagliare». Da qui l’esigenza sottolineata più volte da papa Francesco di un confronto schietto: «bisogna dire tutto ciò che si sente con parresia… e, al tempo stesso, si deve ascoltare con umiltà e accogliere con cuore aperto quello che dicono i fratelli. Con questi due atteggiamenti si esercita la sinodalità» (Discorso di papa Francesco in apertura del Sinodo). Un atteggiamento confermato dalla domanda di apertura del questionario: «La descrizione della realtà della famiglia presente nella Relatio Synodi corrisponde a quanto si rileva nella Chiesa e nella società di oggi? Quali aspetti mancanti si possono integrare?». Come ha osservato Grillo «è  quasi la carta d’identità di una ‘Chiesa in uscita’…, anche quando è nell’intimità della sua casa». È questa l’istanza missionaria che rappresenta l’altro banco di prova della prassi ecclesiale. Un’istanza racchiusa in quella che potremmo definire, rispetto a quest’argomento, la domanda delle domande: Come aiutare a capire che nessuno è escluso dalla misericordia di Dio e come esprimere questa verità nell’azione pastorale della Chiesa verso le famiglie, in particolare quelle ferite e fragili? (domanda n. 20)

3. Il Sinodo è anche, se non soprattutto, evento di fede. Si tratta di credere che «ogni volta che torniamo alla fonte dell’esperienza cristiana si aprono strade nuove e possibilità impensate». Trattandosi di una citazione contenuta nella Relazione finale del Sinodo, che riporta le parole del Papa durante la veglia di preghiera in preparazione al Sinodo stesso, lasciamo ancora a lui il compito di spiegarla: Dio «non ha paura delle novità! Per questo, continuamente ci sorprende, aprendoci e conducendoci a vie impensate. Lui ci rinnova, cioè ci fa «nuovi» continuamente. Un cristiano che vive il Vangelo è «la novità di Dio» nella Chiesa e nel Mondo. E Dio ama tanto questa ‘novità’!» (dall’omelia in occasione della beatificazione di Paolo VI). Vivere da credenti il Sinodo sulla famiglia, significa credere nella presenza rassicurante di Cristo che nel suo Spirito non farà mancare ai suoi fedeli le soluzioni migliori per testimoniare il suo Vangelo nel presente di ogni tempo. Ne è prova la storia della Chiesa che, fin dalle sue origini, in molte circostanze è stata attraversata dall’irrompere di Dio che ha saputo suggerire alle coscienze cristiane soluzioni evangeliche di fronte alle nuove sfide che andava incontrando. Non abbiamo allora da temere. Ciò che ci è chiesto, invece, è di dare il nostro contributo, secondo le specifiche competenze di ognuno (esperienziali, pastorali, teologiche….), così da favorire la realizzazione di soluzioni pastorali nello Spirito del Vangelo.

Sì, perché in ultima istanza c’è in gioco la fedeltà al Vangelo e all’uomo, che poi, di fatto, sono la stessa cosa.

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