Pellegrini alla Sindone, l'Amore più grande

Il messaggio dell'Arcivescovo di Torino, custode pontificio della Sacro Telo

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Pellegrini alla Sindone, l'Amore più grande

Il Vangelo della terza Domenica di Pasqua ci introduce alla ostensione  della Sindone che  da oggi svela la sua realtà agli occhi e al cuore di tanti pellegrini che si accosteranno con devozione  e amore a questo sacro Telo. I discepoli del Signore che appaiono dubbiosi, stupiti e spaventati di fronte alla vista di Gesù risorto e pensano di vedere un fantasma, sono lo specchio di tanti che in questi tempi  travagliati  e complessi non hanno più  occhi per vedere e riconoscere davanti a sé il Signore risorto, fonte prima di speranza e di forza per affrontare serenamente e con coraggio  il cammino della vita  e i problemi che via via si presentano, sia sul piano della fede che della famiglia, del lavoro e della vita sociale.

I loro occhi sono impediti come quelli dei due discepoli di Emmaus per cui Gesù li sprona a non essere increduli  e li accompagna ad accogliere e comprendere bene le Scritture  dove era scritto che il Cristo doveva patire e risuscitare dai morti il terzo giorno. In questi mesi ci metteremo in  cammino per compiere quel percorso di preghiera e di fede che ci condurrà a sostare davanti alla Sindone, per vedere con gli occhi ma soprattutto con il cuore i segni della passione e morte del Signore che questo sacro telo contiene in modo così mirabile e pienamente rispondente a quanto i Vangeli ci hanno trasmesso. Fissiamo il sacro Telo con l'intensa meraviglia  di chi si accosta alla prova dell'Amore più grande rivelato da questa immagine tanto unica da differenziarsi da mille altre, prodotte da mano d'uomo secondo canoni noti della tradizione della pietà e dell'arte.

Accanto alla venerazione che tutte le accompagna, una particolare intensità si riversa su questo commovente «specchio del vangelo», come l'ha chiamata San Giovanni Paolo II. Poniamoci dunque sulla scia di generazioni di pellegrini che hanno fatto questo percorso per incontrare la Sindone segno doloroso e glorioso, tanto efficace, dell'amore redentivo del nostro dolce Signore. Ci farà bene sentirci gocce nel fiume, che scorre nei secoli, di una umanità bisognosa di Dio, del suo affetto misericordioso, della sua comprensione amorosa e solidale, e sentirci amati ognuno di amore di predilezione, accolti in un abbraccio affettuoso, che ci rincuora e ci unisce. Allora insieme a papa Francesco comprenderemo che non siamo noi che guardiamo quel volto  ma ci sentiremo guardati e invitati  a non passare oltre, con superficialità, a tanta sofferenza attorno a noi e nel mondo. E' la prova più toccante che lui, il nostro Signore e Redentore, non ha voluto passare oltre la nostra miseria, ha invece voluto condividere ogni nostra sofferenza. Da questa intensa esperienza di amore egli ci invita a uscire fuori dell'accampamento, fuori delle nostre pigre sicurezze, per andare ad annunciarlo a un mondo che ha bisogno di lui senza rendersene conto.

La ragione stenta a piegarsi, ad accettare: che cosa può fare per noi chi è senza vita? Ma la fede insiste nell'affermare che egli è il redentore dalla cui totale impotenza della morte, nasce per tutti la pienezza della vita, per sempre. Sono i controsensi e le sfide della Sindone, specchio della massima impotenza e testimone del massimo beneficio, dell'amore più grande. Allora un messaggio si leva da quel volto che non dobbiamo trascurare espresso con  semplicità in una poesia piemontese: «Guardate in che misero stato le vostre colpe mi hanno ridotto». Non dobbiamo prendere alla leggera un amore pagato a così caro prezzo. E non dobbiamo lasciarci sconcertare dall'atteggiamento indifferente di un mondo che in realtà nasconde tante sofferenze e tante potenzialità di bene. Il seminatore non è meno generoso oggi che in passato e proprio nell'inadeguatezza della nostra collaborazione mostra la gratuità onnipotente del suo amore sovrano.

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