Mons. Nosiglia: Andiamo solleciti, come Maria, in aiuto dei più deboli

Nella Basilica voluta da San Giovanni Bosco, Mons. Nosiglia ha celebrato la Santa Messa per la festa di Maria Ausiliatrice.

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Nella Basilica voluta da San Giovanni Bosco, Mons. Nosiglia ha celebrato la Santa Messa per la festa di Maria Ausiliatrice.

«In fretta…»: così si esprime il Vangelo (Lc 1,39) a proposito di Maria che, informata dall’angelo della gravidanza della cugina Elisabetta, si mette in viaggio per portarle la sua solidarietà ed il suo aiuto. “In fretta, perché Maria non perde tempo di fronte alle necessità della cugina e perché la sua giovinezza la spinge anche a scelte rischiose, senza timore e con slancio generoso”. Con queste parole Mons. Cesare Nosiglia, Arcivescovo di Torino, ha aperto la sua omelia nella Basilica di Maria Ausiliatrice.

L’operosità e la sollecitudine di Maria sono l’occasione per fare un parallelo con quanto avviene nella Diocesi. L’attenzione dell’Arcivescovo è sempre rivolta ai problemi delle famiglie: primo fra tutti il lavoro, da cui dipende per molti la possibilità di sostenere l’affitto della casa, il futuro dei figli.

A fronte di qualche positivo segnale di ripresa, una strisciante crisi economica sta purtroppo ancora gravando sul territorio piemontese: “Penso alla crescente precarietà di chi viene espulso dal ciclo produttivo o di chi, messo in mobilità, non riesce, per l’età o altri gravi motivi, a reinserirsi nel mondo del lavoro; l’espandersi del lavoro nero, che coinvolge il più delle volte gli stranieri immigrati; le molte difficoltà per i più giovani nel trovare un lavoro e, per paradosso, la crescente dipendenza di tanti dal gioco d’azzardo e da forme più o meno larvate di corruzione”.

Per affrontare questi problemi occorrono “valori e ideali morali e spirituali” senza i quali “prevalgono logiche puramente economiche e di mercato e la ricerca del solo profitto ad ogni costo, anche a scapito della giustizia e della solidarietà”.

Il problema del lavoro richiama un altro aspetto decisivo della vita delle famiglia: la tutela della maternità e della specifica vocazione e ruolo della donna in famiglia, che non sono in contrasto con il suo diritto al lavoro fuori casa e alla sua piena promozione.

Ma il problema più importante che la famiglia deve affrontare è qualcosa che la riguarda direttamente: è la sfida educativa, di cui ci è maestro Don Bosco. I minori si trovano spesso a vivere oggi in un mondo sempre più estraneo ai valori e alle tradizioni di cui la famiglia è custode e portatrice, per cui molti genitori si sentono “presi dallo scoraggiamento e dalla frustrazione nella faticosa ricerca di punti di appoggio che li sostengano nello svolgimento del loro compito”. E quando le famiglie, le parrocchie, le scuole, i gruppi e le associazioni non agiscono in sinergia, si fatica a raccogliere risultati in questo campo!

Mons. Nosiglia ritiene che per trasformare significativamente la situazione occorra cambiare profondamente il modello di vita oggi dominante, per il quale sono diventati prioritari il guadagno e l’avere sempre di più, rispetto ad altri valori umani, familiari e spirituali che dovrebbero rappresentare l’anima della comunità familiare e sociale.

Questo riferimento alle nuove generazioni apre un altro capitolo: il lavoro dei giovani. “Quando c’è - ha osservato l’Arcivescovo - è spesso occasionale e non privo di carenze sul piano della soddisfazione personale e del rispetto dovuto a chi entra in un ambito nuovo e complesso ed è bisognoso di accompagnamento per poter valorizzare al meglio le proprie capacità e risorse”. L’estrema mobilità e provvisorietà, con le quali un giovane deve fare i conti entrando nel mondo del lavoro, non gli permettono di sviluppare la tranquillità e la sicurezza necessarie per appassionarsi a quanto sta facendo “sottoponendolo a una trafila di mestieri, il più delle volte diversi tra loro e lontani dalle sue specifiche competenze, capace di snervare anche i più risoluti”.

Di fronte a questa realtà, Mons. Nosiglia ha chiesto a tutti, Chiesa e società civile, di fare un serio esame di coscienza “per superare pregiudizi e qualunquismi che ci fanno guardare ai giovani con sospetto o preoccupazione, più come ad un problema che a una risorsa”.

In questo scenario molti stanno già facendo la propria parte. L’Arcivescovo ha ringraziato Caritas, San Vincenzo, ed in particolare le comunità e i giovani che si sono aperti all’accoglienza ed all’ospitalità dei migranti. Un segno concreto di cambiamento nei confronti di quella che Papa Francesco chiama “cultura dello scarto”, che porta a far soffrire tante famiglie e persone in difficoltà.

“Convinciamoci tutti - è l’invito di Mons. Nosiglia - che il nostro comune futuro dipende in gran parte dal saper affrontare insieme, con decisione e in modo concreto e fattibile questi problemi: ripartiamo dai poveri e scartati, dalle periferie esistenziali e geografiche, per rinnovare il volto di Torino e del suo territorio. Si tratta di una scelta che può dare vita ad un fiume sempre più grande di reciprocità tra chi necessita di sostegno e chi lo dona, per cui nessun abitante di questa città deve essere lasciato in una condizione permanente di dipendenza o trattato come una persona oggetto di cura, ma messo in grado di contribuire con responsabilità al proprio benessere e a quello degli altri”.

“Cari amici - ha concluso l’Arcivescovo - Maria si è lanciata nella grande avventura dell’amore di Dio e del prossimo senza opporre resistenze e paure, sapendo che il Dio dell’impossibile avrebbe supplito alle sue carenze e debolezze. Chiediamo a Maria Santissima Ausiliatrice che le nostre comunità siano come lei ospitali e accoglienti verso ogni famiglia e sappiano farle visita nelle sue fatiche quotidiane e nelle necessità che deve affrontare ogni giorno”.

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