Le nuove frontiere della tratta

Il rapporto dell’Associazione «Amici di Lazzaro», su 369 testimonianze di ragazze e donne, in maggioranza nigeriane. Le nuove forme di prostituzione, come per l’utero in affitto. 

Parole chiave: prostituzione (2), nuove schiave (1), sfruttamento (5)
Le nuove frontiere della tratta

«Jessica ha 24 anni, è stata portata in Italia da partenti alla lontana. Per anni l’abbiamo incontrata sempre nello stesso posto, era molto educata, colta, le piaceva leggere. Dopo molti incontri ha chiesto aiuto, stava ormai per finire di pagare la sua sfruttatrice e ha cercato subito di prepararsi alla nuova vita. L’abbiamo iscritta a vari corsi di formazione e lavoro e alla terza media. Ha fatto qualche stage e qualche piccola esperienza lavorativa. Nel frattempo per conto suo ha fatto volontariato con dei disabili. Ora cerca un lavoro stabile».

Jessica è uno dei casi illustrati nell’ultimo rapporto sulla tratta delle donne africane a Torino e Provincia dell’associazione «Amici di Lazzaro», pubblicato in questi giorni. Ma negli ultimi anni l’associazione ha iniziato alcune iniziative di contatto anche con le donne dell’Est, le asiatiche e le maghrebine che vanno in strada a prostituirsi. Tra le richieste incontrate, c’è il grande bisogno di percorsi di formazione e reinserimento che molte donne desiderano per potersi reinventare una vita e uscire dalla strada. Inoltre vi è la percezione netta, nelle donne, che lo Stato italiano faccia poco contro gli sfruttatori, poche le inchieste davvero efficaci e basso l’impatto della magistratura e delle forze di polizia sul sistema della tratta.

Emergono anche le nuove frontiere della tratta, come la prostituzione multimediale. E ancora la compravendita di donne dell’Est da usare per la maternità surrogata (utero in affitto) con fecondazione eterologa, dirette in altre nazioni europee (in particolare Grecia e Spagna); la compravendita di donne asiatiche o di origine araba per i matrimoni combinati e per il jihad sessuale. Nuovi scenari che andrebbero approfonditi a livello politico e giudiziario.

(l’articolo completo sul numero 37  del 26 ottobre 2014 de «il nostro tempo»)

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