Le sofferenze di Asia Bibi

L'eroica testimonianza della donna cattolica, mamma di cinque figli, arrestata il 19 giugno 2009 per blasfemia e condannata a morte nel 2010, nel giugno 2013 è stata trasferita nel penitenziario di Multan

Parole chiave: Asia Bibi (1), Pakistan (13), persecuzioni (6)
Le sofferenze di Asia Bibi

Asia Bibi sta male. Da duemila giorni marcisce in un carcere del Pakistan. Ed è innocente. La donna cattolica, mamma di cinque figli, arrestata il 19 giugno 2009 per blasfemia e condannata a morte nel 2010, nel giugno 2013 è stata trasferita nel penitenziario di Multan. Aspetta chela Corte Suprema, massima istanza giudiziaria del paese, finalmente, riconosca la sua manifesta innocenza. O che le pressioni internazionali convincano il presidente a concederle la grazia. Il marito, Ashiq Masih, ha rivolto suppliche a Francia e Gran Bretagna. Ma è necessario agire in fretta. Perché il tempo immobile del carcere sta erodendo le resistenze della mamma cattolica. I disturbi fisici sono sempre più frequenti. L’unica consolazione resta la preghiera ela Bibbia: in prigione, la contadina del Punjab ha imparato a leggere proprio per poter accedere alla Scrittura. Sulla pelle di questa donna estenuata e minuta gli estremisti islamici combattono la battaglia in difesa della «legge nera» anti-blasfemia. Ma Asia Bibi (nome di fantasia) non ha insultato Maometto. L’assurda accusa, poi ritrattata da vari testimoni, è venuta fuori durante una lite fra vicine ed è stata ingigantita dagli estremisti islamici, gli stessi che hanno imposto al grande Paese asiatico questa legge assurda, gli stessi che con le minacce intimoriscono i giudici. Infatti il governatore del Punjab, l’islamico Salman Taseer, aveva riconosciuto che l’accusa era infondata e per questo è stato assassinato, il 4 gennaio 2011. Per le fazioni musulmane estremiste, la cattolica Asia va punita per la sua determinazione a difendere il diritto alla libertà di fede.

«Non ha possibilità di vedere la sua famiglia e ha anche paura di essere uccisa da una delle sue compagne di cella. Per questo fisicamente è molto debole e su di lei influisce negativamente anche l’isolamento. Da cinque anni è in carcere e soffre di febbre alta e forti emicranie» denuncia a «Radio Vaticana» Mobeen Shahid, docente di Pensiero e religione islamica alla Pontificia Università Lateranense di Roma e fondatore dell’Associazione internazionale «Pakistani cristiani in Italia».

In Pakistan c’è una dittatura islamica e i pochi cristiani vivono nel terrore per l’assurda legge della blasfemia, che li lascia in preda ai fanatici, per cui basta una sola parola o un gesto banale per condannarli a morte. I politici sono conniventi, la polizia guarda da un’altra parte – o partecipa alle nefandezze -, la magistratura ha paura e agisce come vogliono gli estremisti. Il livello di assurdità è tale che – appena il 4 novembre scorso – una folla fanatica e inferocita abbia buttati due sposi cristiani, di 26 e 24 anni, in una fornace. Una morte orribile per due creature innocenti.

Per una revisione della sentenzadi Asia Bibi, si stanno moltiplicando le iniziative internazionali, che chiedono anche una modifica della legge sulla blasfemia, arma di persecuzione delle minoranze. Tuttavia le difficoltà sembrano insormontabili.  

In vista del Natale i cattolici tedeschi chiedono che il governo di Berlino «faccia tutti gli sforzi diplomatici necessari perché venga rilasciata e possa vivere in sicurezza con la sua famiglia». Questo il senso della nuova campagna lanciata da «Missio-Achen», la sezione tedesca della Pontificie Opere Missionarie che, facendosi interprete dei cattolici tedeschi e dell’intera Europa, ha presentato una petizione di 18.425 firme a Christoph Strässer, commissario per i diritti umani del Governo federale.

Quello di Asia Bibi è il calvario di una donna innocente. Dopo l’arresto nel 2009 e condannata a morte nel novembre 2010, una recente sentenza della Corte d’appello ha confermato la pena di morte, mentre è stato presentato il terzo e ultimo ricorso alla Corte suprema.

La petizione di «Missio» – organismo noto a livello internazionale per la campagne di aiuto ai cristiani perseguitati – chiede anche di fare pressioni sul governo del Pakistan per abolire la legge di blasfemia.

Il marito della donna, Ashiq Masih, ha aperto anche un’altra strada: la concessione della grazia da parte del presidente del Pakistan, Mamnoon Hussain. Questa possibilità era stata prospettata dopo la condanna in primo grado, ma allora fu un giudice della Corte d’appello di Lahore a bloccarla, affermando che «la grazia presidenziale può esser concessa solo dopo una condanna definitiva, esauriti i tre gradi di giudizio».

Dichiara l’avvocato cristiano Sardar Mushatq Gill, che ha seguito il caso di Asia Bibi: «Abbiamo bisogno del supporto internazionale per convincere il governo pakistano a eliminare la legge di blasfemia, diventata un’arma per perseguitare le minoranze, soprattutto i cristiani»,

La legge sulla blasfemia continua a mietere vittime in Pakistan e le minoranze religiose sono le più vulnerabili. Secondo i dati raccolti dalla rete di Ong pakistane «Awaz-e-Haq Itehad» e prevenuti all’agenzia «Fides», 1.438 persone sono state accusate di blasfemia tra il 1987 e l’ottobre 2014.

Le minoranze religiose – che sono meno del 4 per cento della popolazione pakistana – costituiscono il 50% degli accusati di blasfemia: 501 ahmadi, 182 cristiani, 26 indù, 10 vittime di cui non è accertata la religione. Dal 1990 sono state uccise 60 persone in via extragiudiziale in connessione con le accuse di blasfemia: 32 erano delle minoranze religiose e 28 musulmani; 20 sono stati uccisi dai poliziotti o mentre erano in cardcere, 19 uccise in attacchi della folla, come il caso di due giovani sposi cristiani bruciati vivi per una menzognera accusa di aver bruciato delle pagine del Corano.

Asia Bibi è della provincia del Punjab, dove gli abusi sono maggiormente diffusi: qui si sono verificati 1.086 incidenti legati alla blasfemia, il 76% del totale. Tra gli episodi di violenza contro le minoranze religiose si registrano: 1.097 case saccheggiate e danneggiate; 17 chiese bruciate; 10 scuole e collegi dati alle fiamme in diversi attacchi legati alle accuse di blasfemia tra il 1997 e il 2013.

Gli episodi di presunta blasfemia hanno un riflesso sulla vulnerabilità di avvocati e magistrati, oltre che sugli accusati e sulle loro famiglie nel senso che ogni episodio di presunta blasfemia provoca una catena di ingiustizie in cui ogni passo porta a una maggiore violenza e a legalizzare l'ingiustizia. Le misure amministrative, la classe politica, la polizia, il sistema giudiziario non sono mai riusciti a fermare le violazioni dei diritti umani. Né in Pakistan né altrove.

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