Ripresa economica, c'è davvero oppure no?

Riflessione di un economista torinese sul primo trimestre 2015: si registrano segnali di lieve miglioramento (+,0,3), ma in marzo l'occupazione è ancora calata di 59 mila unità

Parole chiave: ripresa (2), lavoro (167), disoccupazione (12), crisi (35)
Ripresa economica, c'è davvero oppure no?

Nel primo trimestre 2015, dopo sei trimestri (un anno e mezzo) di recessione o stagnazione, per la prima volta c’è stato un trimestre con un po’ di crescita: dello 0,3% (3 per mille). La produzione del primo trimestre 2015 è stata un pochino più grande dell’ultimo trimestre 2014, ma perfettamente uguale a quella del primo trimestre 2014.

Questa modesta crescita è probabilmente frutto di due cause. La prima possibile causa è il basso prezzo del petrolio. Le famiglie spendono un po’ meno in benzina ed energia e possono spendere qualche soldo in più per gli altri consumi, creando domanda. Purtroppo questo piccolo aiuto potrebbe presto venire meno. Il prezzo del petrolio sta tornando a crescere.

La seconda causa è stata la politica del nostro governo, che grazie alla Bce si è trovato a spendere un po’ meno in interessi (dal 4,8% del Pil nel 2014 al 4,7% nel 2014); così durante il 2014-2015 ha allentato un poco l’austerità degli anni precedenti. Negli ultimi venti anni lo Stato in Italia ha sempre sottratto domanda all’economia, con una differenza tra tasse e spesa pubblica, non per interessi, l’avanzo primario, sempre positiva. L’avanzo primario si è ridotto dall’1,9% del Pil, nel 2013, all’ 1,6% del Pil sia nel 2014 che nel 2015. Lo Stato sempre sottrae domanda, ma meno che in precedenza. Ciò frena un po’ meno l’economia. Dovremmo rallegrarci, se non sapessimo che i documenti ufficiali del governo affermano l’intenzione di avere avanzi primari pari al 2,4% del Pil per il prossimo anno, al 3,2% per il 2017 e al 4% per il 2018. Avanzi del genere avrebbero sicuri effetti recessivi.

L’Istat ci dice che è cresciuta la domanda interna, mentre la domanda estera netta, la differenza tra export ed import, è diminuita. Le nostre esportazioni crescono (+1,8%), ma le importazioni crescono del 4%.  Ciò non deve stupirci. Negli ultimi trimestri i conti con l’estero dell’Italia miglioravano, ma non tanto perché crescesse il nostro export, quanto soprattutto perché diminuiva il nostro import.  Il nostro import diminuiva perché la nostra economia era in recessione. Non eravamo competitivi nel 2008 e continuiamo a non esserlo nel 2015. Competitivi si diventa, se si investe in conoscenza, formazione ed innovazione tecnologica, quello che noi non facciamo. Ora con una modestissima crescita, già vediamo diminuire la nostra domanda estera. Una crescita assai più forte, quella di cui avremmo bisogno per dare lavoro e dignità ai tanti divenuti poveri negli ultimi anni, ci porterebbe quasi sicuramente a fare debiti con l’estero, creandoci altri guai.

La domanda estera netta è peggiorata negli ultimi mesi, nonostante il cambio euro-dollaro, grazie agli interventi della Bce, sia divenuto più vantaggioso alle nostre esportazioni.

Dei 60 milioni di persone presenti in Italia poco più di uno su tre (22.195.000) risulta avere un lavoro. L’occupazione a marzo è ancora calata di 59 mila unità ed il tasso di disoccupazione è del 13%. Se l’economia non cresce di circa l’1% all’anno, è normale che la disoccupazione aumenti a causa dello sviluppo tecnologico e della crescita della popolazione.

Purtroppo non possiamo essere molto ottimisti.  Le diagnosi e le terapie finora seguite han dato risultati assai poco desiderabili, con la perdita rispetto al 2007 dell’11,6% del Pil pro capite e del 25% della produzione industriale. Nel 1946 si era perso il 37% della produzione industriale del 1940.

Crescere sarebbe possibile, l’Italia è ancora viva. Bisognerebbe volerle bene e curarla con le medicine giuste.

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Lavoro

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