Ripartire dal mercato interno

La riflessione di un esperto sugli scenari dell'economia nei prossimi mesi di crisi politica

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Ripartire dal mercato interno

Grazie agli incentivi del governo e al miglioramento della congiuntura il mercato del lavoro ha mostrato, a partire dal 2015, segni di miglioramento. L’inversione di tendenza ha interessato anche il Piemonte, anche se con intensità minore rispetto alle altre regioni del Centro-Nord con l’esclusione della Liguria, che da tempo condivide con il Piemonte una maggior fatica a far ripartire l’economia e l’occupazione. Si è trattato di miglioramenti concentrati in pochi settori e con una forte dose di precarietà, ma si tratta pur sempre di segnali importanti che si manifestano dopo un lungo periodo di recessione, dal quale ancora oggi facciamo fatica ad uscire in modo definitivo.

Dall’analisi di questi dati viene spontanea la domanda che con forza l’Arcivescovo di Torino Nosiglia ha posto nel corso dell’Agorà del sociale e alla quale tutti devono sentirsi impegnati a dare una risposta: che cosa bisogna fare in concreto per affrontare alla radice il problema della mancanza di lavoro e fare in modo che la disoccupazione scenda a livelli più sostenibili?

Forse non tutti sanno che la nostra regione ha già avuto a che fare in passato con alti tassi di disoccupazione in linea con quelli attuali ma, quel che più conta, ha anche saputo contrastarli riportandoli a livelli che, visti con gli occhi di oggi, sembrano inverosimili. Nel periodo 1997-2007 in Piemonte le persone in cerca di occupazione sono scese da 189 mila a 78 mila, le donne da 116 mila a 44 mila; gli uomini da 73 mila a 38 mila. Nello stesso periodo il tasso di disoccupazione è sceso dal 10 al 4,2 per cento; quello femminile dal 14,5 al 5,2 per cento; quello maschile dal 6,7 al 3,5 per cento.

Si tratta di risultati straordinari al raggiungimento dei quali hanno contribuito numerosi fattori interni e internazionali. Ricordarli, sia pur brevemente, può essere utile per capire se oggi e in prospettiva si possono ricreare le condizioni che hanno consentito di incidere così profondamente sulla disoccupazione delle nostre aree.

Nel periodo 1997-2007 il Pil mondiale è cresciuto ad un tasso medio del 4,4 per cento; il volume degli scambi dell’8 per cento annuo trainato dai Paesi emergenti il cui tasso di sviluppo è stato in media più che doppio rispetto a quello dei Paesi industrializzati. Nell’area euro il Pil è cresciuto in media del 2,6 per cento; in Italia dell’1,7 per cento, La componente più dinamica è stato l’export mentre la domanda interna è cresciuta in media dell’1,4 per cento.

Oggi non disponiamo di previsioni riferite ad un arco di tempo decennale, anche perché sarebbero molto difficili se non impossibili da fare. Disponiamo di previsioni a breve che ci dicono che nel mondo la ripresa c’è, ma la crescita globale resta modesta. Nel 2017 il volume degli scambi dovrebbe crescere del 3,8 per cento, trainato dai Paesi emergenti che sono previsti crescere ad un ritmo più che doppio rispetto ai Paesi industrializzati (area euro compresa). In Italia le ultime stime sono poco incoraggianti; per crescere dovremmo fare ancora una volta affidamento sull’export, mentre sembra ancora rinviato il decollo degli investimenti.

Nel decennio 1997-2007 la ripresa dell’occupazione fu anche favorita dall’introduzione di importanti riforme che hanno reso flessibile il mercato del lavoro: dal pacchetto Treu all’emanazione del testo unico del part time per arrivare alla cosiddetta «Legge Biagi» del 2003. Oggi con il Jobs Act il mercato del lavoro è diventato ancor più flessibile al punto da generare intollerabili situazioni di precarietà.

Alla domanda se si possono ricreare le condizioni che nel decennio 1997-2007 hanno consentito di combattere con successo la disoccupazione possiamo solo rispondere prendendo in considerazione i comportamenti che dipendono da noi. Se la ripresa internazionale si consolida, le nostre imprese sono pronte a fare la loro parte: quello che manca è un forte rilancio della domanda interna che, a differenza di quella estera, può contare solo sulle nostre forze che al momento sembrano essere inadeguate a creare il lavoro di cui hanno bisogno soprattutto i giovani.

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Lavoro

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