Acli, il primo nemico da combattere? La paura

La lunga crisi di Torino. Il congresso dell'Associazione Cristiana lavoratori ha lanciato un forte messaggio contro la tentazione di rassegnazione al declino

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Acli, il primo nemico da combattere? La paura

Le Acli provinciali di Torino hanno tenuto il loro congresso quadriennale venerdì 18 e sabato 19 marzo. I lavori si sono aperti con un seminario pubblico dal titolo: «Comunità collaborative – La partecipazione sociale nella contemporaneità», spazio di riflessione in cui l’associazione si è domandata come costruire comunità capaci di attivarsi, mobilitare partecipazione e ricreare capitale sociale attraverso l’impegno civile e una gestione sostenibile dei beni comuni. In avvio la vicepresidente delle Acli di Torino, Raffaella Dispenza, ha presentato il quadro valoriale e metodologico delle Acli e le esperienze progettuali realizzate nel quadriennio, rivolte a costruire legami forti e generativi nei territori.

Hanno contribuito alla discussione Cristina Giovando, Consigliere di Amministrazione della Fondazione Crt, e Marco Mezzalama, vicepresidente della Compagnia di San Paolo. Daniele Fappiano ha portato l’esperienza del network «Ouishare», organizzazione internazionale che promuove esperienze di economia collaborativa. Il seminario ha visto la partecipazione del sindaco Piero Fassino ed è stato concluso da Stefano Tassinari, membro della Presidenza nazionale delle Acli con una riflessione sul fondamentale ruolo dell’associazionismo nel tenere coesa la comunità locale.

Il XXVIII congresso delle Acli di Torino (titolo: «Niente paura, con le Acli attraversiamo il cambiamento») si è aperto con una mia relazione, in cui si è evidenziato come la paura sia un elemento fondamentale del nostro vivere quotidiano oggi. Una paura molto spesso paralizzante, risultato della somma di moltissime paure: paura del terrorismo, dell’altro, soprattutto se molto «diverso» da noi, paura di non farcela economicamente, di cadere in povertà, paura della malattia, di essere soli nell’affrontare le difficoltà quotidiane, paura di essere messi da parte e non contare più nulla nelle dinamiche sociali, paura per il futuro dei figli, dei nipoti e di quello che di negativo potrà arrivare. Tutte queste paure, che spesso non comprendiamo, sono invece parte profonda di un «umanesimo della fragilità» che accomuna tutti gli esseri umani e che dovrebbe tenerli insieme invece che porli uno contro l’altro per difendere piccoli privilegi.

La riflessione congressuale si è appuntata sull’analisi dell’economia contemporanea che affama e uccide parti molto ampie dell’umanità e che, come affermato molto chiaramente da Papa Francesco, genera «vite di scarto» e distrugge inesorabilmente la nostra casa comune, l’ambiente in cui viviamo. Tema centrale per le Acli torinesi è stato ancora una volta il lavoro. I recenti dati relativi all’impatto del Jobs Act dalla sua introduzione circa un anno fa ad oggi, sono ancora carichi di luci ed ombre: risultano certamente aumentati i contratti a tempo indeterminato nella forma delle tutele crescenti, ma sarà importante valutare nel tempo quanto di ciò sia dovuto agli sgravi contributivi, ora in decrescita. Desta inoltre sospetto l’aumento molto significativo nell’uso dei buoni lavoro, i voucher, nati per far emergere il lavoro nero in contesti molto specifici e oggi a rischio di «legalizzare» forme di lavoro non regolare.

Le Acli di Torino nel loro congresso hanno infine confermato il loro radicamento nella Chiesa locale e universale, all’interno di una tradizione di cristianesimo sociale e democratico che ha nella «fedeltà ai più poveri» il cuore della propria azione, come ci ha ricordato Papa Bergoglio nell’udienza speciale in occasione dei settant’anni dell’associazione.

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