In Benin le suore di Madre Teresa fra "chi nessuno vuole"

In Benin le suore di Madre Teresa a servizio "di coloro che nessuno vuole". Papa Benedetto XVI le visitò nel novembre 2011. A rappresentarle in piazza San Pietro alla canonizzazione c'era don Servais, sacerdote che si formò a Torino

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In Benin le suore di Madre Teresa fra "chi nessuno vuole"

Piccole matite che si prendono cura di coloro che nessuno vuole, di quelli «scarti» che il nostro mondo lascia come rifiuti sulle strade, negli ospedali, nelle carceri, nella solitudine.

Sono le Missionarie della carità che fondò santa Madre Teresa di Calcutta e che nelle periferie e nei bassifondi del pianeta nell’umiltà e nel silenzio, quasi di nascosto, portano luce e dignità ad ogni uomo. Oggi sono seimila in 130 Paesi.

Il giorno della canonizzazione di Madre Teresa, domenica 4 settembre, la maggior parte delle Missionarie della carità sparse per il mondo ha scelto di non recarsi in piazza San Pietro ma ha continuato a servire gli ultimi degli ultimi come nella quotidianità, così come avrebbe voluto la madre.

Anche in Benin è stato così. Le tre comunità di Madre Teresa, presenti a Cotonou, cuore economico del Paese, e presso la diocesi di Natitingou, nel nord ovest dello Stato, hanno inviato a Roma a rappresentarle don Servais Yantoukoua N’Tia, responsabile della Pastorale vocazionale della diocesi di Natitingou. Giovane sacerdote che si formò presso il Seminario Maggiore di Torino prestando servizio in alcune parrocchie torinesi, in particolare la parrocchia Sant’Anna che da alcuni anni ha avviato progetti di fraternità e solidarietà verso il Paese africano.

«Abbiamo seguito un percorso di preparazione all’importante tappa in questi mesi per tutta la comunità della diocesi: in città e nei villaggi per mostrare la scuola di Madre Teresa. Nessuna delle sorelle, 20 in Benin, ha voluto recarsi a Roma. Hanno continuato a servire gli ultimi lasciando a me il compito di rappresentarle».

Hanno realizzato delle magliette con il volto di Madre Teresa che il 4 settembre hanno distribuito a tutti i poveri di cui si prendono cura che dai villaggi più remoti hanno raggiunto Natitingou in festa dove il Vescovo mons. Antoine Sabi Bio in Cattedrale ha presieduto la Messa in concomitanza con la canonizzazione a Roma.

«Le sorelle – osserva don Servais – sono un aiuto prezioso per la Chiesa locale e per lo Stato, senza di loro ogni anno la mortalità sarebbe di gran lunga superiore e i servizi alla vita certamente inferiori. Sono solo 20 sorelle e ogni giorno compiono miracoli riportando vita dove regnano solo morte e disperazione».

«Quello che cerchiamo di fare anche noi sacerdoti – afferma il prete africano che ha adottato personalmente 48 bambini di cui si prende cura in particolare per favorire l’istruzione anche grazie agli aiuti che provengono da Torino – la loro testimonianza è un incoraggiamento per tutti».

In Benin le missionarie gestiscono tre orfanotrofi e altrettante case per malati terminali. «Questi malati – sottolinea don Servais - anche per le credenze legate alle religioni tradizionali vengono abbandonati sulle strade morendo nella sofferenze più atroci, nella solitudine». Le suore di Madre Teresa li raccolgono, li accolgono e li accompagnano alla morte dando loro tutte le cure di cui hanno bisogno nella massima dignità.

Il principale servizio che svolgono è quello presso il carcere di Natitingou. «Nei Paesi africani il carcere – racconta don Servais - è un ‘non luogo’ dove si vive senza dignità e umanità. Mancano cibo, medicine. Lì le sorelle danno da mangiare a tutti, prestano cure mediche e portano avanti un percorso che punta a restituire valore e dignità ad ogni uomo e ad ogni donna.

Infine a Cotonou le missionarie gestiscono una struttura per malati di Aids, in particolare bambini, che difficilmente troverebbero cure altrove.

In quella casa, che si chiama «Pace e gioia», presso la parrocchia Santa Rita a Cotonou si recò in visita papa Benedetto XVI nel suo viaggio apostolico in Benin nel novembre 2011.

«Queste sorelle – afferma don Servais – e la vita di Madre Teresa ci testimoniano che l’amore non è dare il superfluo ma donare fino a farsi male come Gesù sulla croce, togliersi qualcosa anche se costa.

Una esempio per tutta la cristianità, in particolare per i sacerdoti, i religiosi, i giovani che mostra un amore gratuito, discreto, operativo. Esempio di umiltà, fiducia in Dio e nella Provvidenza di cui spesso ci dimentichiamo».

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