Unione Europea alla prova, dopo l'inutile Consiglio d'autunno

In vista della Conferenza Onu a Parigi sul surriscaldamento climatico e quelli a Miami per i Trattato transatlantico Stati Uniti e Ue situazione compromessa

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Unione Europea alla prova, dopo l'inutile Consiglio d'autunno

Non capita spesso che un Consiglio europeo dei Capi di Stato e di governo, come quello tenutosi a Bruxelles a metà ottobre, lasci così poche tracce nei commenti della stampa, figuriamoci nella mente dei cittadini europei. Per la verità, la tentazione era stata grande, alla vigilia del Vertice, di annullare l’appuntamento, tanto si prevedevano magri i risultati. Sopprimerlo però avrebbe rotto un rituale consolidato e sollevato, in questa stagione di smarrimento, ulteriori dubbi sulla vitalità dell’Unione Europea e sulla capacità dei massimi responsabili europei di  affrontare le sfide sempre più impegnative che aspettano da tempo una risposta.

E così il Consiglio europeo ha avuto luogo, i giornali lo hanno in gran parte ignorato limitandosi, in mancanza di meglio, a registrare le provocazioni di Matteo Renzi in rivolta contro la Commissione europea accusata di fare la “maestra” con la matita rossa tra le dita per commentare e proporre correzioni alla “legge di stabilità” appena presentata dal governo italiano, convinto di essere tra i pochi a rispettare le regole Ue. A complemento di queste dichiarazioni, per uso elettorale interno, sono largamente circolati commenti non proprio di elogio per il Presidente del Consiglio italiano, arrivato in ritardo all’appuntamento di Bruxelles, quando intanto si erano già riuniti in conclave tra loro Angela Merkel, François Hollande e David Cameron, senza prevedere un posto a tavola per Matteo Renzi.

Spazzate via queste notiziole che non segneranno la storia, ma che qualche schizzo gettano sull’Italia e sulla sua leadership, altro di ben più importante andrebbe segnalato su quanto si muove ai “confini” dell’UE, dalla Gran Bretagna alla Turchia.

Della Gran Bretagna si dirà che non è ai “confini” dell’Ue: non lo è ancora, ma si comporta come un Paese pronto ad andarsene, cercando intanto di frenare ogni decisione che possa portare l’Europa verso quella “Unione sempre più stretta” di cui Cameron non vuole più sentire parlare. La guerra interna non è ancora dichiarata, ma filtrano le prime rivendicazioni inglesi, in vista del referendum da tenersi forse già nel 2016. E a partire dal prossimo mese saranno turbolenze assicurate tra i 28 Paesi membri, particolarmente più intense con il 19 Paesi dell’eurozona.

Ai confini esterni dell’Unione Europea ritorna di attualità, non senza tensioni, la Turchia. Associata da oltre 60 anni all’Alleanza atlantica (Nato) e da decenni in trattative con l’Europa per entrare nell’Ue, la Turchia ha avuto in questi ultimi anni, sotto la guida di  Recep Erdogan, un’involuzione democratica che ha contribuito a raffreddare i negoziati di adesione, che oggi potrebbero riprendere alla luce di uno scambio tra le aperture ai turchi e la chiusura delle frontiere della Turchia per impedire il flusso dei due milioni di profughi siriani verso l’Europa. Per conto dell’Unione Europea, Angela Merkel ha sondato Erdogan, mettendo sul tavolo un sostegno alla Turchia di tre miliardi di euro e la possibile revisione dei visti per i turchi.

Si tratta di un mercato non proprio nobilissimo,  ma inevitabile nella situazione in cui i governi europei si sono lasciati sorprendere, dopo aver perso una decina di anni fa l’occasione di accelerare il processo di adesione della Turchia all’Ue. Allora perché i costi sembravano troppo alti, adesso perché alternative non se ne vedono: capita quando la politica – quella europea, come quelle nazionali - si illude che ci sia sempre tempo e si possa continuare a rinviare le decisioni.

E tutto questo mentre si è alla vigilia di altre decisioni importanti. Nel corso di questa settimana sono ripartiti a Bonn i negoziati in vista della Conferenza Onu a Parigi sul surriscaldamento climatico e quelli a Miami per i Trattato transatlantico Stati Uniti e Unione Europea: due sfide dal cui esito dipenderà molto della vita futura del mondo e dell’Europa e due negoziati sui quali bisognerà informare i cittadini europei, molto più di quanto non si sia fatto finora.

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