1989 crolla il Muro a Berlino, altri ne sono stati eretti

Purtroppo venticinque anni dopo la sua fine il Muro di Berlino ha fatto scuola in tutto il mondo. Ma neppure i muri più formidabili e sofisticati possono bloccare le idee e le persone: trovano sempre una strada per fuggire via.

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1989 crolla il Muro a Berlino, altri ne sono stati eretti

Venticinque anni fa, il 9 novembre 1989, sotto i colpi dei berlinesi e gli sguardi impotenti dei militari della Repubblica Democratica, della terribile polizia segreta Stasi e dei «cugini», cadeva a pezzi il Muro di Berlino. E con esso crollava il comunismo in Europa e si scioglieva l’Unione Sovietica. Era la fine di un’epoca, era la fine del Novecento inteso come secolo di due orribili guerre mondiali e delle più brutali dittature: il comunismo, il fascismo, il nazismo. Crollava la barriera che, per 28 anni, aveva spaccato in due Berlino e l’Europa e che era diventata il simbolo della divisione del mondo in due blocchi contrapposti e della «guerra fredda». Ma quanti altri Muri sono stati costruiti in tutto il mondo in questo quarto di secolo.  

Quei 160 chilometri di cemento armato e di filo spinato in cui i comunisti facevano passare la corrente elettrica, quei posti di guardia con cecchini armati, quei 20 bunker, quella tristemente famosa «striscia della morte», quei checkpoint Charlie, Alpha e Bravo rappresentavano, dal 13 agosto 1961, una barriera (quasi) invalicabile e avevano diviso lo sposo dalla sposa, il fratello dal fratello, i genitori dai figli, gli amici dagli amici. Avevano ordinato di costruirlo le autorità comuniste della DDR per impedire le massicce fughe verso la libertà e la democrazia.

Il crollo del Muro di Berlino è un evento spartiacque della storia contemporanea. Per giudizio unanime degli storici, Giovanni Paolo II fu tra coloro che più contribuirono a quel crollo e al successivo dissolvimento dell’impero sovietico e del suo dominio sull’Europa orinetale.

Intervistato dalla «Radio Vaticana», Joaquin Navarro-Valls, ex portavoce di Papa Wojtyla ed ex direttore della Sala Stampa vaticana, mette in risalto che «quel gigantesco cambiamento è avvenuto senza spargimento di sangue. Era quasi come se Giovanni Paolo II se lo aspettasse».

In quegli anni, dalla sua elezione il 16 ottobre 1978 al crollo del Muro nel 1989, andò tre volte in Polonia – nel 1979, nel 1983 e nel 1987 - «e continuava a lanciare i suoi messaggi all’Europa». Per Navarro-Valls si trattò di «un capolavoro straordinario». Dopo il suo primo viaggio in Polonia nel 1979 cominciò a dire che «il più grave e fondamentale errore del socialismo reale era antropologico». SpiegaNavarro-Valls: «La cosa sorprese le cancellerie. Ma lui capiva benissimo che l’errore di base del socialismo era una visione sbagliata dell’uomo che il comunismo voleva ricreare. Quindi si aspettava il cambiamento e continuò a ripetere il suo messaggio, che fu perfettamente capito nell’Est europeo».

Anche Mikhail Gorbaciov ha espresso più volte l’opinione che Papa Wojtyla ha enormemente favorito il crollo del  Muro. Nel 1989 l’ultimo segretario del Partito Comunista sovietico scrisse una lunga lettera a Giovanni Paolo II «in cui – testimonia l’ex portavoce vaticano - citava frequentemente le encicliche di Giovanni Paolo II. La sua affermazione, e cioè che “non si può capire ciò che è successo in Europa senza tener conto del lavoro, della presenza e delle parole di Giovanni Paolo II”, è una verità storica».

Il Papa polacco andò a Berlino alla Porta di Brandeburgo solo nel 1996 e ripeté più volte con forza che «l’uomo è chiamato alla libertà» e abbinava sempre la parola «libertà» con il concetto di verità: «Per il socialismo reale questo era impensabile» perché l’Urss che governava dispoticamente l’Est Europa, era soprattutto «l’impero della menzogna organizzata» prima ancora che «impero del male» di reaganianamemoria. 

Papa Francesco ha parlato del Muro nell’Angelus di domenica 9 novembre. Oggi l’umanità – ha detto - «ha bisogno di ponti, non di muri», esattamente come i popoli del Novecento non avevano bisogno della divisione simboleggiata dal Muro di Berlino. Prega affinché cadano «tutti i muri che ancora dividono il mondo». Papa Francesco spiega che il Muro era «simbolo della divisione ideologica dell’Europa e del mondo: la caduta avvenne all’improvviso, ma fu resa possibile dal lungo e faticoso impegno di tante persone che per questo hanno lottato, pregato e sofferto, alcuni fino al sacrificio della vita. Tra questi, un ruolo di protagonista ha avuto il santo Papa Giovanni Paolo II». 

La storia è maestra di vita e Papa Francesco alza gli occhi dal Muro che non c’è più per chiedere l’abbattimento di tutti gli altri che ancora oggi dividono i popoli con il  cemento di altra discriminazione: «Preghiamo perché, con l’aiuto del Signore e la collaborazione di tutti gli uomini di buona volontà, si diffonda sempre più una cultura dell’incontro, capace di far cadere tutti i muri che ancora dividono il mondo, e non accada più che persone innocenti siano perseguitate e uccise a causa del loro credo e della loro religione. Dove c’è un muro, c’è chiusura di cuore. Servono ponti, non muri».

Ma la lezione tedesca non è servita a molto se è vero, come è vero, che nel mondo spuntano sempre nuovi Muri: quello edificato dagli israeliani per dividere Israele dalla Palestina e dall’Egitto; tra Stati Uniti e Messico; tra Ceuta e Melilla in Marocco ma in territorio spagnolo; tra la Grecia e la Turchia; tra India e Bangladesh; quello nel deserto del Sahara; quello tra Corea del Nord e Corea del Sud.

Che piaccia o no, sono Muri che violano i diritti fondamentali delle persone: all’acqua, al cibo, alla salute, all’istruzione, al lavoro, alla libertà. Oltre al muro tra Israele e Palestina che divide arabi e israeliani, da qualche anno il governo israeliano capeggiato da BenjaminNetanyau, cavalcando un consenso elettorale a spese di migliaia di disperati in fuga da guerre, persecuzioni e miserie dal Medio Oriente  e dal Corno d’Africa (Sudan, Eritrea, Etiopia, Somalia) ha avuto la bella idea di costruire un muro tra Egitto ed Israele, nel deserto del Sinai. C’è la necessità di «preservare la natura ebraica e democratica dello Stato d’Israele» e bloccare i clandestini. La barriera è alta in media 15 metri e lunga 245 chilometri. Un successo per il governo israeliano visto che, sei mesi dopo l’inaugurazione nel 2013, solo 34 persone sono riuscite ad entrare illegalmente. Nei sei mesi del 2012 erano entrate circa 10 mila. Tutti profughi che, dopo aver attraversato il deserto, si ritrovano nelle mani dei terribili predoni del Sinai, che chiedono riscatti carissimi per liberarli. Nel frattempo li picchiano, torturano, violentano le donne, uccidono uomini e bambini, anche per l’immondo traffico degli organi.

«Il muro della vergogna» è definito quello tra Stati Uniti Usa e Messico, per impedire l’ingresso di tanti disperati, gli immigrati dal Centro America. Per i messicani è il «muro della vergogna», per gli americani è la salvezza da un’invasione. La barriera, la cui costruzione è iniziata nel 1994, è lunga 3.141 chilometri e non è ancora ultimata. Si snoda lungo la frontiera tra Tijuana e San Diego. Consiste in una base di cemento armato con una struttura superiore di lamiera metallica, con illuminazione ad alta intensità, sensori elettronici e strumentazione per visione notturna. È alta 2-4 metri. I malcapitati che cercano di oltrepassarlo ci lasciano la vita: dal 1998 al 2004 sono morte 1.954 persone. In questo decennio i numeri sono cresciuti. Centinaia di migliaia di poveracci ogni anno sono bloccati, arrestati e respinti.

Allo scopo di frenare l’ingresso in Europa dei migranti africani è stato costruito il muro tra Ceuta e Melilla, in territorio politicamente spagnolo ma geograficamente in Marocco: morti e respinti non si contano. La Green Line di Cipro, ovvero la linea di demarcazione - con un vero e proprio muro, filo spinato e «terra di nessuno» - divide la parte sud di Cipro, quella greco-cipriota, che nel 2004 ha aderito all’Unione europea, dalla parte nord, che dal 1974 è occupata dai turchi e si è proclamato Stato indipendente. L’ultimo in ordine di tempo in Europa è il muro tra la Grecia e la Turchia: vien ecostruito per impedire l’ingresso degli immigrati dal Medio Oriente – Iraq, Siria, Palestina – e dall’Asia.

Ci sono poi i muri meno conosciuti. Quello tra India e Bangladesh lungo 4.000 chilometri; quello di 2.700 chilometri nel deserto del Sahara, nel territorio conteso da decenni tra Marocco, Algeria e Mauritania; i tanti piccoli muri che in Brasile separano i quartieri ricchi dalle favelas per difendersi dalla criminalità. A San Paolo del Brasile c’è dal 1978 il muro di Alphaville e tanti altri sono sorti a Rio de Janeiro e Salvador da Bahia.

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