Kenya, da Torino un nuovo prete nella "nostra Africa"

Un altro sacerdote torinese don Daniele Presicce ha iniziato il servizio di fidei donum presso la parrocchia di Tassia alla periferia di Nairobi. Il direttore dell'Ufficio missionario l'ha accompagnato, il racconto del viaggio

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Kenya, da Torino un nuovo prete nella "nostra Africa"

Un caloroso applauso accoglie a Tassia, la parrocchia «torinese» alla periferia di Nairobi, don Daniele Presicce, che domenica 10 aprile ha iniziato lì il suo ministero. O meglio, inizia la sua preparazione, che sarà lunga e impegnativa: la lingua, anzi le lingue, prima l’inglese e poi lo swahili, il corso al Cum (Centro unitario missionario) di Verona per imparare qualcosa di missione e di Africa e poi, finalmente, il tempo del servizio silenzioso, che ascolta e osserva, osserva e ascolta, per capire, per entrare in punta di piedi e con rispetto in un mondo ed una cultura così diversi dal nostro, ma così affascinanti. E questo movimento di entrata rispettosa durerà tutto il tempo della sua permanenza. I vecchi missionari, che magari hanno speso 50 anni in Africa e conoscono tutto della cultura di un certo popolo, ti dicono sempre che «l’unica cosa che hanno capito, è quella di non aver ancora capito niente».

Per la lingua, fin dal 1999, ci avevano aiutato i missionari di Mill Hill, accogliendoci fraternamente nella loro casa. Ora invece saranno i missionari della Consolata che presso il loro seminario hanno una scuola di lingue. Don Daniele, insieme per almeno due mesi a don Paolo Burdino, saranno accolti nel seminario, dove staranno da lunedì a venerdì per lo studio della lingua e poi il sabato e la domenica torneranno in parrocchia a Tassia da don Mauro Gaino, per inserirsi gradualmente nella vita della comunità.

Anche questa partenza per la missione ha avuto un tempo lungo di discernimento. Un appello del Vescovo che si è incontrato con la disponibilità di un sacerdote. E poi incontri e colloqui per capire e far emergere motivazioni, per spiegare il senso del servizio missionario, per definire anche nelle cose pratiche una partenza: i documenti, i vaccini, i bagagli. Oltre alla preparazione «istituzionale» e personale c’è poi la condivisione e la spiegazione della propria scelta ai parrocchiani, alle persone care e amiche, primi fra tutti i propri genitori. Questo è sempre un momento delicato, un figlio che parte per l’Africa ti sembra che vada a vivere chissà dove, immerso in chissà quali rischi e pericoli, e certo il clima di paura legato al terrorismo internazionale oggi non aiuta. Ma un figlio che è diventato sacerdote, lo hai già donato al Signore e quindi anche un servizio che all’inizio suscita inquietudine è accettato e accolto. Non ritengo che partire per la missione sia un «atto eroico» più di quanto non sia «eroico» lo svolgere un qualsiasi altro servizio pastorale a Torino, ma certo, in un momento in cui la nostra diocesi vive una fatica grande per la scarsità del clero, un prete donato ad un’altra Chiesa ha qualcosa che parla di generosità, di dono, di fiducia nel Signore che ripaga cento volte tanto chi dona con gioia.

Il viaggio per accompagnare don Daniele, tenutosi dal 4 all’11 aprile, ci ha dato anche la possibilità di vivere alcuni incontri belli e missionari. Anzitutto il 6 aprile la visita a Nyeri, la grande città alle pendici del monte Kenya, una centro segnato da tanti ricordi della storia: la tomba di Baden Powell, fondatore degli Scout, il sacrario Duca Amedeo d’Aosta in cui sono custoditi i resti dei militari italiani morti prigionieri in Kenya durante la Seconda guerra mondiale. Ma soprattutto la Cattedrale della città in cui sono custoditi i resti di suor Irene Stefani, la prima beata del Kenya, beatificata il 23 maggio 2015. Sulla sua tomba abbiamo pregato e, in quest’anno della misericordia, abbiamo affidato alla sua intercessione la nostra presenza in Kenya, a lei che la gente chiamò «Nyaata», «la misericordiosa». Questa visita ci ha permesso di incontrare anche suor Julietta Lenguris, la prima, ed unica, suora Samburu, già nostra parrocchiana a Lodokejek. Il 25 aprile farà la sua professione finale e siamo passati a trovarla per parlare con lei, per darle la nostra benedizione e per chiedere a il dono di vocazioni per le nostre Chiese. Abbiamo poi vissuto un breve ma intenso incontro con la segreteria del Consiglio pastorale. Presentiamo loro don Daniele, lo accolgono affettuosamente, ringraziano la nostra diocesi per questo ulteriore dono, elogiano don Mauro per la generosità e dedizione che ha nel fare il parroco ed infine incoraggiano don Paolo che in questi mesi ha fatto proprio grandi progressi con la lingua.

E poi l’8 aprile l’incontro con il cardinale John Njue, Arcivescovo di Nairobi, che ci riceve nel suo ufficio, all’ottavo piano dell’Odunga Plaza, un palazzone costruito di recente a fianco della cattedrale, proprio nel cuore della city. Una costruzione che ha suscitato qualche opposizione, ma che certamente permetterà a questa Chiesa di avere dei proventi sicuri con i quali mandare avanti il proprio servizio. Il cardinale Njue ci ha sempre accolti e ascoltati con sincero affetto, che pare perfino di predilezione. Vuole bene ai nostri preti nella sua diocesi, ha ben presente la situazione in cui sono immersi e le problematiche che quotidianamente affrontano. Fin da quando è iniziata la nostra presenza a Tassia, 4 anni fa, mi ha sempre colpito il fatto che quando egli viene in Vaticano per gli incontri dei vari dicasteri ci telefona, come si telefona ad un caro amico, per darci notizie dei nostri, per un saluto fraterno, e ci dice «Siamo amici e quindi ci telefoniamo».

Il 9 aprile ci sono le prime confessioni dei bambini, anche qui agitati ed un po’ spaventati da questa nuova esperienza della grazia di Dio. La cena della sera si rivela un caloroso momento di famiglia fra noi preti. Don Paolo Burdino ci ha preparato una squisita pizza che mangiamo in allegria, ridendo e chiacchierando. A fine cena don Paolo, che ha origine contadine, va in camera sua e letteralmente da sotto il letto, tira fuori una piccola toma che ha preparato lui stesso. Un po’ di sapori di casa fanno sempre bene.

E quindi arriviamo finalmente a domenica, con il tour de force delle Messe. La prima inizia alle 7.30, quando poi finisce la terza e ultima sono già le 14.30 e fra una Messa e l’altra non c’è mai stata una pausa. Al termine delle Messe don Daniele legge un piccolo discorso di saluto in inglese. Come accennato prima, la gente lo applaude ma anche ride quando dice loro «mi dispiace di non parlare né inglese né swahili, ma presto inizierò a studiarlo», perfino nella comicità dobbiamo conoscerci.

Dopo le Messe incontriamo i dieci giovani che a luglio verranno a Torino per vivere con la nostra diocesi la Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia. Illustriamo loro il programma: visita agli amici, conoscenza della città, incontro con alcune realtà della nostra Chiesa. Sorridono contenti della proposta, hanno solo una piccola richiesta: vedere lo stadio della Juventus!

A sera riparto per Torino saluto i confratelli: don Mauro Gaino che dal 2003 è in Kenya, per lui questo nuovo arrivo significa iniziare a pensare al rientro in diocesi; don Paolo Burdino che presto festeggerà il primo anno di Kenya e che ormai è a buon punto con la lingua inglese; infine saluto don Daniele Presicce, appena arrivato, a lui auguro un buon tempo e tanta forza e determinazione nella preparazione che comincia da zero.

Mentre attendo la partenza dell’aereo ripenso a come il lento lavoro di presenza e vicinanza in mezzo a questo popolo ti insegna ad incontrare Dio nella povertà, nella fatica del vivere, nel dolore e a volte anche nella disperazione. Un Dio che si nasconde nelle pieghe della vita degli uomini, anche di quelli che la loro vita hanno sciupato. Un Dio comunque sempre positivo suscitatore di gioia perché ama e cambia ogni cosa. Un Dio che è Misericordia e rende luce ciò che è buio. Un Dio che da sempre cammina a fianco degli uomini, adeguandosi al nostro lento e impacciato passo.

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