«Una legge elettorale a rischio ingovernabilità»

Intervista – Gianfranco Pasquino, costituzionalista e scienziato della politica: «Positivo l'accordo tra maggioranza e opposizione, dubbi sul merito della riforma»

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«Una legge elettorale a rischio ingovernabilità»
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«Tramontato il Rosatellum, la ruota delle leggi elettorali è tornata a girare e si è fermata su un sistema, denominato tedesco, ma che in realtà è alquanto distante da quello effettivamente in vigore in Germania. Eppure ci si ostina a chiamarlo così, nonostante le evidenti diversità». Così Gianfranco Pasquino, costituzionalista, sulla nuova legge elettorale, appoggiata dai quattro maggiori partiti: Pd, Movimento 5 Stelle, Forza Italia e Lega Nord. Lo abbiamo intervistato.

Quali le caratteristiche di questo sistema pseudo tedesco?

L'unico punto simile è che coesistono una quota maggioritaria e una quota proporzionale con lo sbarramento al 5 per cento. Nel modello tedesco però le due quote sono al 50 per cento dei seggi disponibili, mentre da noi i collegi uninominali, dove vince chi arriva primo, rappresentano solo il 40 per cento dei seggi, ovvero 225 deputati contro 381 eletti col proporzionale. La spinta maggioritaria, che favorisce la nascita di governi stabili, sarà dunque meno accentuata.  In Germania poi ci sono due schede e quindi la facoltà del voto disgiunto. Qui invece avremo una sola scheda, riducendo la scelta dell'elettore. Per di più, ma questo non c'entra col sistema tedesco, ci propinano ancora una volta listini bloccati e parlamentari nominati.

Quasi cinquant’anni di proporzionale, poi dieci anni di Mattarellum quindi una girandola di leggi elettorali, tra Porcellum e Italicum...

Credo si possa dire che il proporzionale della cosiddetta Prima repubblica, pur privo di soglie di sbarramento, non era poi così male. Tra l'altro c'era una forma di sbarramento implicito poiché occorreva ottenere almeno 300mila voti su scala nazionale e almeno 60mila voti in una circoscrizione elettorale. In pratica bisognava avere un certo consenso sul territorio. Il Mattarellum merita invece un’osservazione che nessuno fa.

Quale?

Che fu un sistema scelto dai cittadini, poiché scaturì da un referendum elettorale. Ed era un modello molto valido: tre quarti di eletti col maggioritario e un quarto con il proporzionale. Nelle tre tornate in cui fu usato, 1994, 1996 e 2001, consentì l'avvento di maggioranze stabili e l’alternanza tra schieramenti diversi, di cui si avvalsero sia Prodi che Berlusconi. Poi si giunse al Porcellum quando il Cavaliere, temendo di perdere le elezioni del 2006, e volendo mitigare la probabile sconfitta, puntò su un sistema proporzionale con premio di maggioranza cui vennero aggiunte, come chicca finale, le liste bloccate che tanto piacciono a tutti i capi partito. Il mix tra proporzionale e premio, confermato poi anche dall’Italicum è in realtà uno dei peggiori sistemi possibili.

Perché?

Perché il premio concesso a chi arriva primo indipendentemente dai consensi ottenuti, distorce in modo inaccettabile il voto dei cittadini. Alle elezioni del 2013, grazie al meccanismo premiante, il Pd prese il 25 per cento dei voti e si ritrovò con il 55 per cento dei seggi. Qualcosa di lesivo della democrazia per l'eccessivo scarto tra voti conseguiti e seggi ricevuti. Da qui la bocciatura della Corte costituzionale e del resto nessun altro Stato europeo ha adottato un modello simile, tranne la Grecia che certo non è il miglior esempio da seguire.

Quindi quale modello adottare?

Una legge elettorale deve ispirarsi a due principi: rappresentare i cittadini, e dunque avere una certa proporzionalità tra voti e seggi, e concedere loro il potere di scegliere il governo, assicurando la nascita di maggioranze sufficientemente stabili. 

Il modello in discussione prevede una soglia del 5 per cento, innescando la protesta dei piccoli partiti.

Lo sbarramento è il solo modo per evitare un'eccessiva frammentazione del sistema. Si possono comprendere le proteste delle formazioni più piccole, da Alternativa popolare di Alfano al Movimento democratico e progressista di Bersani, però nello stesso tempo ci si può anche domandare perché, sia al centro che a sinistra, i diversi partiti non riescano ad aggregarsi, dando vita a forze più grandi e dunque in grado di superare la soglia.

Elemento positivo di questa nuova legge elettorale è il largo consenso che la circonda.

Sì, il metodo è positivo perché le regole del sistema politico, e la legge elettorale è una di queste, vanno condivise con l'opposizione e non si deve procedere a colpi di maggioranza, come si è fatto in passato in situazioni analoghe. Nel merito vedremo invece il suo reale funzionamento alle prossime elezioni. Si tratta cioè di verificare, in concreto, se questa legge elettorale consente o meno la nascita di una maggioranza parlamentare. Se dobbiamo dar retta ai sondaggi oggi non ci sarebbe alcuna maggioranza possibile. Non certo Pd e Forza Italia che, anche mettendosi insieme, sono sotto al 50 per cento. I numeri sembrerebbero lasciare aperta solo un'intesa Pd-M5S, ipotesi alquanto improbabile. E qui, in fondo, sorge il vero problema della politica odierna.

Ovvero?

Il fatto che tra i partiti in campo vi è una distanza politica talmente ampia da rendere complicato e difficile qualsiasi accordo. Nella Prima repubblica era diverso. C’era una grande forza centrale, la Dc, che con il suo 35-40 per cento era in grado di realizzare  molteplici coalizioni ma che talvolta si vedeva obbligata a mettere in piedi dei monocolori di minoranza. Governava cioè da sola, ricevendo però il voto di altre formazioni perché era ritenuta affidabile. Oggi uno scenario del genere è inimmaginabile e toccherà quindi al Presidente della Repubblica districare la matassa.

Meglio si fosse tornati al Mattarellum?

Sarebbe stata la cosa migliore. 

Quali tempistiche dobbiamo attenderci per la nuova legge elettorale?

L’esperienza suggerisce che ci sono sempre ritardi ed inciampi. Davvero difficile fare previsioni. Molte le variabili. Ad esempio, l’11 giugno si vota per le amministrative, un passaggio elettorale non marginale. È anche possibile che dopo questo voto qualcuno possa avere la tentazione di rovesciare il tavolo.

Voto in autunno. Cosa ne pensa?

Renzi vuole andare al voto prima possibile, ma i tempi sono davvero stretti. Ammesso che si approvi la nuova legge elettorale, si sciolgono le Camere a luglio e si fa campagna elettorale ad agosto? Quando la gente è in vacanza? È la legge di stabilità? Sarebbe un’enorme prova di irresponsabilità andare ad elezioni anticipate in queste condizioni. Purtroppo la situazione è caotica: il M5S vuole lo scioglimento per evitare che scattino i vitalizi, la Lega vuole le urne con qualsiasi sistema elettorale. C'è in giro un incredibile pochezza politica.

In definitiva, come vede i prossimi mesi…

In luglio c’è il G20 di Amburgo e bisognerebbe chiedersi quali impegni possa prendere il governo in una situazione tanto instabile che rischia di tarpare le ali alla ripresa economica. Ad essere penalizzati saranno soprattutto i disoccupati e le fasce più deboli, eppure sembra che la classe politica non se renda conto. 

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