Torino-Juventus, il derby sporcato

Una riflessione su calcio e violenza, ancora protagonista nella nostra città per la sfida più sentita dai tifosi

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Torino-Juventus, il derby sporcato

Il calcio è un fenomeno sociale di massa, attira passioni tiepide o viscerali, la bandiera è un simbolo, a volte una ossessione. Il confine tra passione e isteria è molto labile e sono molti coloro che si scaldano e trasformano il loro, magari timido carattere, in trans agonistica, in una specie di ipnosi o sindrome da dottor Jekyll e signor Hyde .

Se tutto rimane nei canoni della rivalità, magari stracittadina, con qualche sfottò e una bella dose di ironia, dentro lo stadio, come a scuola, in ufficio o al bar, va tutto bene. Anzi è una pratica divertente. Se però tutto si trasforma in un attimo in euforia infantile e violenza di represse inibizioni, allora la questione di fa molto seria. Allora arrivano le truppe con teschi, croci celtiche, striscione che offendono morti e tragedie e allora tutto cambia. E i pochi che si oppongono, presidenti e tesserati, sono subito oggetto di ritorsioni e minacce.

Di tutto questo lo sport non dovrebbe avere nulla a che vedere. Quello vero è luogo educativo, imparare a vincere e a perdere, a rispettare l'avversario e giocare con lealtà, dalle categorie giovanili alle squadre di professionisti. In molti sport questo è ancora possibile, nel calcio è ormai una eccezione.

Quello che è successo a Torino, domenica in un bellissimo derby che il Torino ha vinto con merito, dopo vent'anni dall'ultimo successo, ai danni dei cugini della Juventus. 2-1 agonismo, confronto aperto, reti, pali, azioni e un abbraccio finale tra contendenti molto bello. Fuori e dentro lo stadio, tra via Filadelfia, corso Agnelli e in una curva dello stadio è andato in scena, ma Torino non fa eccezione è così anche a Roma, Napoli, Genova, Firenze, Verona ecc., il brutto del calcio. Prima sputi, calci, uova e pietre contro il pulmann della squadra ospite, da parte di pseudo tifosi e poi una bomba carta esplosa in curva primavera che solo per miracolo non ha causato conseguenze più gravi dei feriti lievi che sono stati oggetti, di una stupida, guerra sportiva, tra fazioni. Sugli organi di stampa e i social network si discute, fin troppo animatamente, di chi sia la colpa, non si guarda oltre il proprio orto pensando di essere sempre vittime e mai corresponsabili.

A codesti giovani e meno giovani, ultras, in divisa o giacca e cravatta, sarebbe sufficiente fare vedere qualche immagine di ciò che è accaduto negli ultimi trent'anni negli stadi di tutto il mondo, magari con una sera a Bruxelles del 1985 in una finale di Coppa dei campioni. Juventus-Liverpool o magari fare riferimento, con un salto temporale a ciò che avvenne lo scorso anno prima della finale di Coppa Italia, con la morte di Ciro Esposito. Niente, non si ragiona, e non si fa molto di più che schermirsi e vergognarsi, per circa 24 ore, fino alla prossima giornata di campionato. 

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