Studenti in gita, insegnanti in fuga

E' tempo di gite scolastiche, ma tra “bravate” e trasgressioni, che a volte provocano tragedie. come conciliare le esigenze educative e le irrequietezze degli adolescenti?

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Studenti in gita, insegnanti in fuga

Un ragazzo padovano morto a Milano in gita scolastica, durante Expo, lo scorso anno; pullman che escono di strada durante le gite d’istituto, provocando morti e feriti; storie di ragazzi che si ubriacano e si drogano, mentre sono via per qualche giorno con i compagni di scuola. E la colpa, spesso, ricade sugli insegnanti. Al punto tale che, in molti, oggi vogliono disertare i viaggi d’istruzione e non accompagnare più i ragazzi in trasferta. Dubbi, riflessioni e preoccupazioni sulle gite scolastiche. A completare un quadro di per sé già complesso, la nota del Miur (Ministero dell’istruzione, università e ricerca) dello scorso febbraio, secondo cui spetterà ai docenti controllare lo stato psicofisico del conducente del pullman, se beve o se fuma qualcosa di troppo, e la velocità tenuta in autostrada. Come conciliare, allora, i viaggi di istruzione e le necessità didattiche con i problemi che hanno o possono avere gli adolescenti, in una fase così delicata della loro vita? Come tenere ferma la linea di confine che separa la comprensibile euforia per una gita di classe dalla voglia di trasgressione che sembra divorare parte delle giovani generazioni? Abbiamo girato questi interrogativi a Simona Caravita, docente di Psicologia dell’età evolutiva dell’Università Cattolica di Milano.

Come mai tanti problemi durante le gite scolastiche?

Le gite sono un momento in cui i ragazzi stanno insieme per tutta la giornata, anche di notte. E per i docenti è più difficile mantenerne il controllo. Per gli adolescenti, oggi, è aumentata l’importanza del gruppo, perché sono venuti meno i punti di riferimento valoriali. Essere lontano dai genitori e senza la presenza costante di un docente, come avviene normalmente in classe, fa sì che alcuni ragazzi che vivono le regole come un impedimento possano sentire il bisogno della trasgressione. In questo contesto si strutturano dinamiche che possono favorire la nascita di problemi relazionali o il bisogno di trasgredire. L’elemento che oggi predomina, in alcuni ambienti, è sicuramente la violenza. È indubbio, di conseguenza, che anche la visione di film e di videogiochi troppo aggressivi possa fare da molla nell’aumentare i toni delle reazioni e la portata di certi comportamenti.

Come riportare le gite al loro valore formativo originario?

Il problema secondo me è a priori. È importante che ci sia fin dall’inizio una collaborazione tra scuola e famiglia. Senza aspettare le gite di fine anno. Le istituzioni educative devono saper definire principi comuni e progetti articolati di prevenzione, che prevedano il coinvolgimento delle famiglie. Per esempio, l’Osservatorio della Regione Lombardia ha messo a punto un programma che punta a un confronto continuo tra il nucleo familiare e la scuola e che pone l’accento sul loro ruolo educativo. Colloqui periodici con i genitori, segnalazioni tempestive di disagio da parte degli insegnanti, che hanno davanti a loro i ragazzi per molte ore nel corso della giornata, ma anche il potenziamento del dialogo tra madre, padre e figlio. Certi comportamenti si manifestano durante le gite, ma sono già latenti durante tutto il corso dell’anno: anche a casa e a scuola.

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