Riforme e cittadini, le fatiche dell'Italia

In un clima di perenne scontro politico si varano riforme importanti tra l'indifferenza della società civile

Parole chiave: italia (221), riforme (14), politica (133), progetto (35)
Riforme e cittadini, le fatiche dell'Italia

In un Paese normale di avanzata e consolidata democrazia, il tempo delle riforme dovrebbe essere suggellato da una forte adesione tra società civile e rappresentanza politica. Nella storia i passaggi costituzionali sono stati momento di coesione sociale nazionale per ricostruire una comunità dopo la fine di un conflitto. Il sofferto e pensato approdo alla Carta Costituzionale fu il risultato di una condivisa e sofferta mediazione  virtuosa nella quale le diverse anime ideali portarono quote di pensiero e progetto. La fase attuale ci impone una riflessione amara e preoccupata. In una convulsa fase di cambiamento del quadro internazionale, con scenari tragici e inquietanti come quelli mediorientali e africani, unti alla più grande crisi economica strutturale e congiunturale dal dopoguerra, il avremmo preferito assistere ad  un dibattito politico istituzionale più equilibrato, alto e condiviso, nel quale il franco e aperto confronto democratico tra le parti fosse il frutto di elaborazioni culturali rivolte ad un futuro possibile. Invece siamo immersi nella ventennale anomalia italiana nella quale la politica non riesce a fare sintesi, riproponendo litigi, inchieste, tribunali e sentenze, rovesci e conflitti e non esiste ancora una prassi di alternanza tra esecutivi. I partiti sono, al di là di patti e accordi perennemente a rischio,  sempre pronti a delegittimarsi reciprocamente.L’equilibrio costituzionale dipende in buona parte dalla saggezza delle persone che incarnano le istituzioni, e quindi alla prova dei fatti, ciò che suscita dubbi in astratto potrebbe comunque funzionare nel concreto, ma forse non rappresenta un dettaglio trascurabile considerare che siamo in un periodo di consistente oscillazione degli orientamenti elettorali tra l’astensionismo e la ricerca di nuovi leader carismatici. La scarsa attitudine al confronto, anche serrato, il costante ricorso a prospettive aventiniane, conferma un dato molto preoccupante che si tramuta in domanda. Cosa sono oggi i partiti? Quanto contano nella società? C’è una distanza abissale tra le aggregazioni politiche e la società civile, sembrano lontani dalle necessità dei cittadini. Dentro i partiti dalla sinistra, alla destra il grado di conflittualità è oltre i limiti di guardia. Si procede più per slogan e parole d’ordine e nonostante i primi interventi del governo Renzi, non sembra all’orizzonte profilarsi un idea di Paese all’altezza delle sfide. Ci si unisce più per la raccolta del consenso piuttosto che a definire la cornice di orizzonti progettuali che traguardino il breve periodo. La riforma auspicata e giusta dovrebbe tenere conto di pesi e contrappesi, bilanciando poteri e competenza, con grande sapienza. Essere condivisa da tutti o quasi tutti, procedere in sintonia con un Paese che guarda con distanza se non disprezzo ciò che accade nei partiti e in Parlamento. La ricerca del leader, uomo solo al comando, come unica prospettiva politica possibile apre anche a possibili scenari di neo populismo che farebbero il male del Paese.
Gli aspetti della riforma costituzionale che riguardano il Titolo V sembrano recepire le esigenze di un riordino delle competenze fra i vari livelli di governo a condizione che sulle nuove materie che tornano allo Stato si dia luogo una legislazione rispettosa delle autonomie locali. Una maggiore consultazione e spiegazione ai cittadini di ciò che sta mutando nel quadro istituzionale dovrebbe essere un dovere e non solo un obbligo richiesto solo dalle esigenze economiche dell’Europa.

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