Referendum costituzionale: il dovere di pensare prima di votare
Il 4 dicembre si vota. Le associazioni cattoliche torinesi si interrogano sulla riforma per dare senso ad una partecipazione democratica consapevole. In Diocesi gli incontri sul Referendum

Non sarà l’Apocalisse, né il giorno delle vendette, dei rancori, delle pugnalate, della maggioranza o minoranza, dei poteri forti o deboli, delle «truppe cammellate» d’un tempo andato che non torna più. Il Referendum di domenica 4 dicembre (mancano 40 giorni) sarà il giorno della Costituzione, quella che mette mirabilmente insieme e le fa camminare una accanto all’altra le regole della nostra vita in Italia. Lo fa con chiarezza, con pesi e contrappesi, coniugando idee, anche diverse, con straordinario equilibrio.
È bella, la nostra Costituzione, anzi splendida ma cambiarla si può. Ci hanno provato in tanti, a volte facendo passi avanti, altri da gambero. C’è una riforma: da approvare o bocciare. Ma occorre farlo a ragion veduta, ci ha ricordato il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco. Ed allora, eccoci. Si apre un mese di incontri, serate, giornate. Le hanno volute le associazioni, i circoli, i gruppi: tutto il firmamento culturale, assistenziale, creativo che ruota nel ed intorno al mondo cattolico e ai suoi valori.
Capire per poter scegliere. Conoscere per scegliere poi il «sì» o il «no». La Costituzione come la Chiesa «semper reformandam est». Tutto sta nel «come». I talk delle tv straripano di livore, accuse, perfidie che non fanno onore a nessuno e non ci appartengono. Si può cambiare senza offendere, si può non cambiare senza dividere l’Italia tra buoni e cattivi, avventurieri ed illuminati, santi e diavolacci. Si può. Ma per farlo occorre sapere ciò che si accetta o si rifiuta, entrare nel merito, valutarne gli effetti. Farlo a viso aperto e guardandosi dritti negli occhi, senza bende, maschere o paraocchi. Ed è quello che faremo.
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