Processo Eternit, la sentenza. Quando il diritto cancella la giustizia

La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio, dichiarando prescritto il reato, la condanna per il magnate svizzero Stephan Schmidheiny. Prescrizione maturata al termine del primo grado, dopo le condanne in assise ed appello

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Romana Blasotti Pavesi

Il processo di Torino aveva fatto storia e giurisprudenza. La condanna dei responsabili alleviato almeno umanamente e in minima parte il dolore di coloro che hanno perso un'intera famiglia per gli effetti della malattia contratta negli ambienti di lavoro e nell'area territoriale delle fabbriche dove si è lavorato l'amianto. Resta la rabbia, la rassegnazione, il dolore, che lacera e distrugge i vivi e offende i morti. Il diritto cancella la giustizia, offende la persona, questo è il risultato di un percorso, che giuridicamente sarà ineccepibile ma che perde ogni legame con la storia di donne e uomini scavati dalla malattia, senza contare i morti, migliaia di vite spezzate, famiglie distrutte, generazioni negate.

Il magnate svizzero Stephan Schmidheiny era stato ritenuto responsabile nei precedenti gradi di giudizio di disastro ambientale, con drammatiche conseguenze soprattutto per la salute degli operai, legato alle attività degli stabilimenti Eternit di Casale Monferrato (Alessandria), Bagnoli (Napoli) e Rubiera (Reggio Emilia).

Con la sentenza della Cassazione che ha dichiarato la prescrizione ed ha cancellato la condanna al magnate svizzero Stephan Schmidheiny sfuma anche la possibilità per i familiari delle vittime e per le comunità locali di ottenere i risarcimenti.

Il maxi-processo Eternit, celebrato a Torino, è stato la più grande causa mai intentata in Europa e al mondo sul fenomeno dei danni alle persone e alle cose provocati dall'amianto. Le parti lese erano un migliaio, tra malati (soprattutto di mesotelioma), eredi dei defunti ed amministrazioni locali. 

Oggi la sentenza che mette i brividi, un termine prescrizione che assomiglia al concetto di vergogna, slogan urlato con l'emozione di chi non ha più speranza dai familiari delle vittime dell'amianto dopo il pronunciamento.

Resta la dignità della signora Romana Blasotti Pavesi, presidente associazione AFEVA,  il simbolo della lotta all’amianto a Casale e non solo, il suo andare a testa alta a difesa di quel briciolo di verità che meriterebbe di essere certificata e sostenuto anche in campo giuridico e la battaglia di civiltà del giudice Raffaele Guariniello che ha commentatoia: "Non bisogna demordere. Non è una assoluzione. Il reato c'è. E adesso possiamo aprire il capitolo degli omicidi". 

Infine la beffa quando la Prima sezione penale della Cassazione ha condannato al pagamento delle spese legali, la cui cifra per ora non è nota, l'Inps e l'Inail che avevano fatto ricorso per non essere state ammesse come parte civile dalla Corte di appello di Torino nel processo Eternit condannato a pagare le spese legali anche un parente di una delle vittime dell'amianto che era stato escludo dal diritto degli indennizzi.

"Per l'Inail i costi per le sole prestazioni ai lavoratori colpiti dalle patologie provocate dall'amianto sono costate 280 milioni di euro che non si recupereranno più perché il verdetto della Cassazione ha demolito in radice questo processo". Lo ha detto l'avvocato generale dell'Inail Giuseppe Vella commentando il verdetto insieme all'avvocato Teresa Ottolini che ha difeso l'Inail in Cassazione.

Monsignor Nosiglia sulla sentenza

"Mi auguro che ci sia la possibilità di dare giustizia a chi la chiede anche per offrire un segnale di fiducia nel sistema giudiziario italiano. Le sentenze vanno accettate,  ma questo caso è davvero eclatante ". Così l'arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, ha commentato il giorno dopo  la sentenza di Cassazione sul processo Eternit,  parlando, venerdì mattina,  a margine di una conferenza stampa,  sulle iniziative della diocesi nel 2015. 

Dopo aver espresso la sua solidarietà a mons. Alceste Catella, vescovo di Casale Monferrato, ha ribadito  che "si parla tanto di riforma della giustizia, ma poi  spesso passato il caso che fa scalpore non se ne parla più. Invece se c'è un problema,  deve essere affrontato subito, altrimenti ci si lamenta e basta". Ed  ha concluso: “in Italia ci sono delle priorità e la prescrizione è una di queste, e va messa in agenda". 

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