Politica: la lunga storia in Italia della sinistra divisa

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Politica: la lunga storia in Italia della sinistra divisa

La scissione nel Partito democratico consumata tra domenica 19 e martedì 21 febbraio 2017 segna un secolo di scissioni e lacerazioni a sinistra. L’anima comunista del Pd – Pier Luigi Bersani, Massimo D’Alema, Enrico Rossi e Roberto Speranza – se ne va. La sinistra è campione di scissioni e ha un’evidente propensione al suicidio.

Si comincia quasi cento anni fa. Il 21 gennaio 1921 Antonio Gramsci e altri lasciano  il Partito socialista e fondano il Partito comunista, sezione dell’Internazionale. Nel 1947 il torinese Giuseppe Saragat rompe con il Partito socialista e fonda il Partito socialista dei lavoratori, poi Psdi; 1964 dalla sinistra del Partito socialista nasce il Partito socialista di unità proletaria-Psiup; 1969, dopo la brutale repressione dei carri armati sovietici a Praga, dal Pci nasce «il manifesto»; 1991 Fausto Bertinotti, Armando Cossutta e Sergio Garavini iniziano Rifondazione comunista che ingloba Democrazia proletaria e Partito comunista d’Italia (marxista-leninista); 1998 si scinde Rifondazione: Cossutta diventa Comunisti italiani; 2006 altra scissione in Rifondazione: nasce il Partito comunista dei lavoratori; 2007 Fabio Mussi apre Sinistra democratica e Franco Turigliatto esce da Rifondazione e si fa Sinistra critica; 2008 Nichi Vendola inventa Sinistra ecologia libertà-Sel; 2015 Piero Civati fonda Possibile; 2016 Sinistra italiana si unisce a Sel.

Il 17 febbraio 1992 comincia il terremoto «Tangentopoli». Il 16 gennaio 1994 il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro scioglie il «Parlamento degli inquisiti»; il 22 gennaio il Movimento sociale si trasforma in Alleanza nazionale, partito fascista in doppiopetto; il 26 gennaio Silvio Berlusconi si avventa in politica per non portare i libri in Tribunale e non finire in galera per i troppi debiti, per difendere il proprio impero televisivo e combattere «comunisti» e «toghe rosse». La Lega di Umberto Bossi si accoda al Berlusca, minaccia la secessione, sogna una Chiesa del Nord e Irene Pivetti attacca pesantemente il cardinale arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini. La scuola politica dei popolari-democristiani sono gli oratori e l’Azione Cattolica, quella dei comunisti sono le federazioni giovanili e i circoli Arci, quella dei leghisti è il Bar Sport, quella dei finiani è Casa Pound, quella dei berlusconiani è la televisione.

Alle elezioni del 27-28 marzo 1994 la destra sbaraglia «la gioiosa macchina da guerra» della sinistra capeggiata da Achille Occhetto e dal vice Massimo D’Alema. Stravince il Polo della libertà: Forza Italia di Berlusconi, Lega di Bossi, Lista Pannella, Ccd di Pierferdinando Casini, Ucd di Rocco Buttiglione e al Sud Alleanza nazionale di Gianfranco Fini. Irrompe la destra, sostenuta dai grandi media e dalla Confindustria e scelta da un elettorato che coltiva la vana speranza che «se i soldi li ha fatti lui, li posso fare anch’io».

Su Berlusconi-presidente del Consiglio fioccano gli «inviti a comparire», dal primo consegnato, con perfida scelta di tempo, a Napoli nel novembre 1994 mentre presiede la Conferenza internazionale sulla criminalità. L’ex cavaliere si salva con un’infinità di prescrizioni, condoni «tombali», leggi «ad personam». Decine e decine di indagini giudiziarie non sono una «persecuzione» ma la giusta punizione per reati gravi: finanziamento illecito ai partiti, evasione fiscale, appropriazione indebita, creazione di fondi neri, corruzione giudiziaria, falsa testimonianza, traffico di stupefacenti, compravendita di senatori, concorso esterno in associazione mafiosa, riciclaggio, diffamazione, sfruttamento della prostituzione minorile.

Dopo sette mesi la Lega impallina il governo di centrodestra e accusa «Berlusconi è un ladro, il mafioso di Arcore e pratica la magia nera» ed è accusato di «rapina elettorale». Lamberto Dini forma un governo tecnico di 20 ministri non parlamentari. Nel febbraio 1995 l’economista Romano Prodi fonda l’Ulivo e nelle elezioni del 21 aprile 1996 asfalta Berlusconi, ma ottiene al Senato una maggioranza risicata. Il governo porta l’Italia nell’euro. Ma è troppo rissoso: il 3 ottobre 1998 il rifondaiolo  Bertinotti ritira la fiducia e Massimo D’Alema subentra a Prodi, il quale all’unanimità è designato presidente della Commissione europea di Bruxelles (1999-2004) che introduce l’euro e allarga l’Ue. Al Quirinale il 13 maggio 1999 Carlo Azeglio Ciampi succede a Scalfaro. Assente Prodi, nel maggio 2001 la destra rivince le elezioni. Prodi torna e le primarie con il 74,1% lo designano alla guida del centrosinistra. Il 9-10 aprile 2006 sconfigge nuovamente Berlusconi e governa due anni 2006-08.

Nel 2007 dalla fusione tra Margherita (erede della Dc) e Ds (erede del Pci) Walter Veltroni partorisce il Partito democratico. I tre colori del simbolo ripropongono le tradizioni: laico-ambientalista (verde), solidarismo cattolico (bianco), socialista (rosso). Nel gennaio 2008 Prodi è sfiduciato e in aprile il centrosinistra (senza Prodi) consegna la vittoria alla destra. Nel febbraio 2009 Veltroni si dimette e la segreteria passa a Bersani che vince le primarie. Nelle regionali 2010 il Pd si allea con i centristi di Casini e alle ammini­strative 2011 apre all'Italia dei valori di Antonio Di Pietro e a Sel di Vendola.

L'8 novembre 2011 Berlusconi si dimette e il Pd appoggia Mario Monti. Alle primarie 2012 Bersani batte il sindaco di Firenze Matteo Renzi e si candida alle politiche del febbraio 2013. Dopo la mancata elezione di Prodi alla presidenza della Repubblica, Bersani si dimette dalla segreteria. Al governo va a Enrico Letta. Guglielmo Epifani regge la segretaria fino alle primarie dell’8 dicembre 2013 quando Renzi trionfa e sfiducia Letta. Il 7 febbraio 2014 Renzi riceve l'incarico da Napolitano e alle europee di maggio il Pd raggiunge il 40,81%. Ma il 4 dicembre 2016 Renzi è sconfitto al referendum costituzionale e lascia Palazzo Chigi.

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