Persona o individuo?

Diritto ad avere un figlio a tutti i costi e a tutte le età, diritto a sapere a tutti i costi chi mi ha partorito in anonimato, diritto a adottare un bambino anche se sono single o se vivo un’ unione con un compagno del mio stesso sesso, diritto a decidere quando staccare la spina: la nostra società sempre più spinta a considerare inviolabili  diritti individuali sta dimenticando i diritti collettivi. Ma individuo e persona non dicono la stessa cosa. Una riflessione del filosofo don Oreste Aime, docente presso la Facoltà teologica di Torino

Persona o individuo?

La storia spesso procede secondo ampie oscillazioni, passando da un estremo all’altro, quasi inavvertitamente. Anche il Novecento le conosce, e sono tante. Una delle più importanti trova agli estremi da un lato la massa (popolo, classe, razza … «chiesa») nella prima parte del secolo, nella seconda l’individuo (la «società degli individui» di Norbert Elias o la «società individualizzata» di Zygmunt. Bauman). Dagli anni Sessanta in poi lentamente, all’uscita dalla società industriale, alla massa s’è opposto, per reazione interna e per induzione esterna, l’individuo. E parallelamente, dopo la Dichiarazione universale dei diritti umani (1948),  s’è accresciuta negli anni l’enfasi su diritti dell’individuo. La cultura – e l’ideologia – che li motivano e li promuovono stanno avanzando in tutto l’Occidente (altrove è ancora abbastanza diverso, anche se il processo sta dilatandosi attraverso i canali della globalizzazione).

L’individuo, dunque, è posto al centro e considerato come una realtà pienamente completa in se stessa e nella condizione  – morale e giuridica – di promuovere se stesso, senza dover rendere conto a nessuno e indipendentemente da ogni confronto e persino da ogni responsabilità, se non quella stabilita dalle leggi in vigore. Lo si avverte in particolare sul piano economico; il neoliberismo si è costruito su questi assunti e di lì si sono irraggiati su molti altri piani dell’esistenza.  «La società non esiste» – disse Margaret  Thatcher nel cuore degli anni Ottanta nei quali il processo era ormai ben delineato. Se ne fa sentire l’eco intensa anche in ambienti che avevano un tratto collettivo molto accentuato.

Nessuna società, sottolinea Bauman, ha mai conferito tanta libertà all’individuo; mai nessuna sta accollando all’individuo tanta solitudine e un onere da sostenere senza aiuti. Essere individui sta diventando una necessità e un’imposizione, alla quale non ci si può sottrarre.

Corollario immediato di questi principi è che l’individuo inizia da sé ed è titolare di quel diritto che gli consente di agire secondo l’insindacabile suo giudizio, salvi  la libertà e il diritto di ogni altro. La storia e i legami, le relazioni e le responsabilità tendono a ridursi al minimo e ad avere sempre meno peso e valore. La stessa consueta polarità tra individuo e società sfuma in ben poco. I costi di questa tendenza sono finemente occultati dall’informazione che invece ha ancora potere pervasivo nel creare l’unica massa sopravvissuta.

La questione non è del tutto nuova dal punto di vista strettamente «ideologico». Emmanuel Mounier nella crisi degli anni Trenta del Novecento l’aveva già ben individuata. Per tanti aspetti oggi si ripete una situazione simile, anche se il contesto è profondamente mutato – come dicono i tanti post-: industriale, moderno, ideologico.  Ancora come allora il concetto di persona (o qualche equivalente, come il sé di Paul Ricœur) è un punto di forza per ogni riflessione anche sui diritti – non tanto dell’individuo quanto della persona. La persona porta con sé la costitutiva relazione con sé, con l’altro, con la società e le sue istituzioni. Individuo e persona non dicono la stessa cosa, e anche i diritti che li riguardano si esprimeranno diversamente. Proprio questo confronto, come ci ha insegnato Charles Taylor in «Il disagio della modernità», deve essere però attento a cogliere quanto di nuovo si va delineando per non riproporre semplicemente le tesi di ieri, trascurando il nuovo modo di sentire se stessi e la realtà. Si deve partire dall’individuo per come si presenta e riconquistare la persona, consapevoli che tutti e ciascuno portiamo in noi, spesso inconsapevolmente, il marchio che la società degli individui tende a incidere apertamente o surrettiziamente su ognuno.

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