Lo sguardo di Mattarella sui giovani

Ai giovani, ai ragazzi e ai bambini – con le loro incertezze e speranze di futuro – sono dedicati 8 diversi passaggi del primo discorso che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha pronunciato in Parlamento il 2 febbraio 

Lo sguardo di Mattarella sui giovani

Le nuove generazioni sono la «categoria» di cittadini che il Capo dello Stato ha menzionato con più insistenza nei 30 minuti del suo messaggio alla nazione, evocando nei torinesi precisamente i temi che il bicentenario di san Giovanni Bosco sta ponendo all’attenzione della città. I giovani, il loro futuro, la loro voce flebile e sottovalutata in questa stagione di crisi economica, sociale e culturale.

Da poche ore l’Arcivescovo Nosiglia aveva pronunciato a Torino (Valdocco) parole severe verso la «nostra società ‘adultizzata’, che si riempie la bocca di buoni propositi per le nuove generazioni ma poi considera solo chi è arrivato», quando la voce di Mattarella si è alzata in Parlamento per indicare i «punti dell’agenda esigente su cui sarà misurata la vicinanza delle istituzioni al popolo» nei prossimi anni. Due punti essenzialmente: la capacità di conservare l’unità nazionale e quella di curare «le angosce che si annidano in tante famiglie per le difficoltà che sottraggono il futuro alle ragazze e ai ragazzi», dando «il lavoro che manca per tanti giovani», contrastando «la perdita di occupazione, l’esclusione».

È probabile che finisca nelle grandi pagine di storia politica un sorprendente esercizio che Mattarella ha fatto eseguire ai parlamentari in diretta televisiva snocciolando, ad uno ad uno, i principi della Costituzione Italiana e ottenendo, per ciascuno di essi, un applauso di conferma. Pareva una litania. Ogni principio è un valore da difendere ed è un programma da realizzare, che il Presidente ha ribadito e fatto sottoscrivere nella sede più solenne. Ebbene, colpisce che fra tutti i valori costituzionali da «vivere giorno per giorno» il Capo dello Stato abbia scelto di mettere al primo posto «il diritto allo studio dei nostri ragazzi in una scuola moderna e in ambienti sicuri, garantire il loro diritto al futuro». Istintivo – in chi ascoltava – è stato pensare alle ferite aperte della scuola italiana, alla precarietà degli insegnanti, alla dispersione degli studenti, al degrado edilizio, ai bilanci in rosso, al misconoscimento delle scuole paritarie… Emergenze che il Capo dello Stato chiede di mettere al primo posto.

Il secondo applauso Mattarella ha ottenuto affermando il diritto al lavoro, evocando anche in altri passaggi del suo discorso «il volto dei giovani che cercano lavoro e quello di chi il lavoro lo ha perduto». «Penso ai giovani che coltivano i propri talenti e che vorrebbero vedere riconosciuto il merito». Anche qui è apparso il contrasto stridente con le statistiche italiane della disoccupazione, che è senza precedenti.Il terzo applauso è andato alla promozione della cultura e della ricerca di eccellenza. Il quarto al dovere di amare i nostri tesori ambientali e artistici. Formazione e cultura, prima di tutti gli altri principi elencati dal Presidente: ripudio della guerra e promozione della pace; diritti dei malati; concorso alle spese dello Stato; sostegno alla famiglia, «risorsa della società»; lotta alla mafia e alla corruzione…

Il «volto spensierato dei bambini, quello curioso dei ragazzi» compare nei passaggi conclusivi del messaggio presidenziale, là  dove Mattarella richiama le istituzioni pubbliche ad essere degne dei propri cittadini, compresi appunto i giovani e giovanissimi. Il nome di un bambino di due anni, Stefano Tachè, morto nell’attentato alla Sinagoga di Roma nel 1982, è l’unico nome pronunciato dal Presidente per evocare le vittime del terrorismo. «Era un nostro bambino – ha detto - un bambino italiano».

Grazie a un piccolo incidente durante la lettura del suo messaggio presidenziale (non trovava più un pagina del discorso, l’ha recuperata dopo un lungo momento di silenzio) Mattarella ha potuto pronunciare con speciale enfasi uno dei paragrafi che aveva più a cuore, sulla presenza di «tanti giovani parlamentari» nell’aula di Montecitorio. Ha alzato gli occhi sorridendo: «rischiavo di perdere questo passaggio importante». Ha confidato di attendersi proprio dai giovani parlamentari, da loro «in particolare», «un contributo positivo» alla vita politica degli anni che verranno. Come dire ai vecchi politici di non mollare l’impegno ma mettersi in ascolto, farsi un po’ da parte, lasciar spazio alle nuove generazioni in nome di un rinnovamento che sta pericolosamente tardando ad arrivare in tutti gli ambiti della vita italiana, dal mondo politico a quello economico e delle imprese, accademico, culturale. I giovani parlamentari porteranno «in queste aule le speranze e le attese dei proprio coetanei; rappresentano anche, con la capacità di critica, e persino di indignazione, la voglia di cambiare».

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