Legge elettorale: è la versione definitiva?
L'iter travagliato della nuova legge elettorale, dopo i moniti del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano
È nato prima l'uovo o la gallina? L'eterna rappresentazione della vita politica italiana negli ultimi trent'anni si è aggrovigliata intorno ad un interrogativo analogo. Per rilanciare il Paese occorre procedere alla riforma della legge elettorale o ad una robusta riforma costituzionale?
Il pendolo delle convenienze ha oscillato intorno a questo interrogativo, sino all'ultima giravolta della scorsa settimana: priorità alla riforma elettorale, forse anche sulla spinta discreta di Napolitano, visibilmente stanco della pantomima in cui si trascina la XVII legislatura. Ad arricchire il quadro, un mutamento di 180 gradi da parte del governo della rotta sin qui seguita per giungere ad una nuova legge che ponga riparo ai danni del “Porcellum” censurato dalla Corte Costituzionale al punto di dar vita, di fatto, ad un meccanismo proporzionale per la elezione dei Deputati.
Criterio individuato in sede di Costituente, al momento del passaggio alla forma repubblicana del nostro Stato. Del resto chi di Consulta ferisce, di Consulta perisce. Senza una interpretazione della Corte, all'inizio degli anni Novanta del secolo scorso, che consentì di dare il via a referendum non abrogativi, come previsto, bensì manipolativi attraverso un cesello teso a far dire a leggi vigenti esattamente l'opposto di quanto votato dal Parlamento (specialisti in materia furono i radicali, seguiti poi da componenti del mondo cattolico proprio in materia elettorale), non ci troveremmo a questo punto. La sensazione che tutto abbia il sapore di espedienti per ''tirare a campare'' è, tuttavia, legittima.
L'articolo completo su "il nostro tempo" del 23 novembre 2014
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